Giudizio e paura. In your shoes - QdS

Giudizio e paura. In your shoes

Raffaella Tregua

Giudizio e paura. In your shoes

giovedì 09 Aprile 2020

Quando un uomo giudica un altro uomo, si ritiene di norma che questi sia colui che ne soffra. Tale credenza mi è appartenuta fino ad una certa parte della mia vita finché, ho invece compreso, che incredibilmente avviene esattamente l’opposto. Chi giudica, si éleva o crede di farlo, è spinto solo e semplicemente da un’immensa e profonda paura.

Poiché il giudizio restringe, non dà scampo, rinchiude, ingabbia ogni spazio attorno, non lascia aria ad altro pensiero. Il giudicante si illude di detenere l’unica vera verità, immagina di possederla, forte come l’onda del mare che travolge e avvolge ogni fisicità circostante.

La rigidità del suo sentire è tale da non permettere nemmeno ad un minuscolo spiraglio di luce di illuminarlo, ad una ventata d’aria fresca di spostarlo dalle sue posizioni, di opporsi al buio. D’altronde sa che il suo impianto razionale crollerebbe come un qualunque edificio forte, ma non flessibile perché maggiore è la rigidità più forte la fragilità presente.
Il confronto ne è l’opposto, l’altra faccia uguale e contraria, il fratello siamese.

Apre, costruisce, condivide, mette di fronte alle proprie falle e debolezze, lascia due pensieri entrambi liberi di volare in alto, di cadere in basso per poi risalire fino ad uno scambio delicato e intenso di alcune parti del tutto, con l’idea unica e sola di uscirne sinceramente e profondamente arricchiti.
Il confronto permette di vedere con gli occhi dell’altro, di crescere imparando ciò che qualche attimo prima non era immaginabile.
Unisce, avvicina, riscalda il cuore, rallegra lo spirito. Esiste di fatto un pensiero unico che accomuna l’umanità tutta ed è la consapevolezza profonda, inconscia o conscia in taluni casi, della piccolezza che contraddistingue il genere umano di fronte ai dolori e alla morte. Tanto da ritenere che nessuno ne sia immune.

I grandi uomini della storia conoscevano la paura di certo, erano grandi perché trovavano dentro di se il coraggio di combatterla. Allo stesso modo, colui che tende a giudicare, etichettare, imbrigliare persone o pensieri, vive non avendo ancora trovato forse il coraggio di aprirsi al nuovo e al diverso e in fondo dentro di sé, non ha ancora compreso cosa sia il senso evolutivo della vita.

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