È stato in questi giorni aperto al pubblico un tratto, sotterraneo, di 250 metri dell’antico percorso che veniva attraversato dai pellegrini, in occasione delle tre grandi festività ebraiche
La notizia dell’inaugurazione era stata data anche dal Jerusalem Post. Gli scavi archeologici della “Via del Pellegrino”, nel sottosuolo di Gerusalemme, almeno per una parte, erano stati ultimati.
È stato, quindi in questi giorni aperto al pubblico un tratto, sotterraneo, di 250 metri dell’antico percorso che collegava la piscina di Siloe al Monte del Tempio. Questo tragitto è noto, perché obbligatoriamente veniva attraversato dai pellegrini, in occasione delle tre grandi festività ebraiche.
Era la via di coloro che giungendo dalle altre città a Gerusalemme, dopo essersi purificati, con l’immersione rituale nella vasca di Siloe si recavano al Tempio, per i riti e la presentazione delle loro offerte di sacrificio.
Il pellegrinaggio a Gerusalemme era dovuto, almeno una volta all’anno, da ogni Ebreo di sesso maschile che avesse compiuto l’età di dodici anni, in occasione delle “Feste del Raccolto”, ricorrenze direttamente collegate ai cicli agricoli e alla liberazione dalla schiavitù egiziana. Quindi per: Pesach (la Pasqua ebraica), Shavuot (la ricorrenza del dono della Legge) e Sukkot (la Festa delle capanne), così come era prescritto dalla Bibbia (Esodo 34:23-24).
Ancor oggi è possibile constatare che il lastricato stradale, tornato alla luce dopo millenni grazie a questi ultimi scavi, risulta vistosamente corroso dal passaggio dei sandali di decine di migliaia di pellegrini. È stato calpestato per secoli da semplici uomini del popolo e da personalità. Anche Gesù di Nazareth, più volte nel corso della sua vita, si sarà unito in pellegrinaggio ai tanti che sono transitati per questa salita, che conduce all’Arco di Robinson, adiacente al Muro Occidentale. Della presenza, certa, di Gesù, tra i pellegrini, non si ha motivo di dubitare.
La parte di Muro rimasta dopo la distruzione del secondo Tempio, come è noto avvenuta nell’anno 70 a.C. a opera delle legioni romane dell’imperatore Tito, è più conosciuta con il nome di Muro del pianto ed è il punto in cui ancor oggi si va a pregare. Secondo l’usanza vengono inseriti tra gli interstizi e le fenditure della roccia i biglietti contenenti preghiere, in cui le richieste espresse, stando alla tradizione, avrebbero più possibilità di essere esaudite in considerazione della santità dei luoghi. Questa tradizione, inspiegabilmente, viene seguita anche da molti non Ebrei.
Nel maggio del 2014, anche Papa Bergoglio, così come avevano fatto i suoi predecessori Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, è venuto a pregare e ha lasciato un suo biglietto. Non molti sanno, però, che per fare spazio ai nuovi bigliettini, i vecchi non vengono buttati, ma raccolti e seppelliti nel non distante cimitero ebraico del Monte degli Ulivi.
L’archeologia, ancora una volta, ci restituisce brandelli di storia, che in questo caso sono incontestabile testimonianza sia della devozione religiosa ebraica nel periodo storico che ha preceduto la distruzione di Gerusalemme a opera delle legioni romane, sia dello stretto e innegabile legame storico tra questa Città e il Popolo ebraico.