Si è conclusa nei giorni scorsi, con l’ultimazione del rilievo fotogrammetrico e la contestuale ricostruzione grafica, l’attività di valorizzazione avviata con l’identificazione del “vaporetto” di Gliaca di Piraino.
Lo studio, condotto a partire dal 2021 dall’istruttore subacqueo Giuseppe Condipodero Marchetta con la direzione scientifica della Soprintendenza del Mare, partendo dalla realizzazione e dal successivo assemblaggio di oltre 6000 fotografie ad altissima risoluzione, scattate lungo i due tronconi del piroscafo, ha portato alla realizzazione del modello tridimensionale del relitto. Il rilievo è stato realizzato da Gianmichele Iaria, Ispettore Onorario della Soprintendenza del Mare per i Beni culturali subacquei della provincia di Messina.

Lo studio fotogrammetrico ha permesso di rilevare le attuali condizioni della S.S. Cambria, bastimento affondato davanti Gliaca di Piraino la sera del 1 marzo 1869, a seguito di un’avaria dovuta ad una tempesta.
La minuziosa ricostruzione storico-documentale ha inoltre consentito l’identificazione delle 20 vittime del naufragio, per le quali, dopo la ricerca dei discendenti, seguirà una cerimonia commemorativa.
Si chiude così un’indagine nata dal desiderio di conoscenza e rivolta sia alla tutela di un bene storico, che alla diffusione della disciplina subacquea attenta alle finalità culturali, a partire dalla quale si auspica l’avvio di quella compartecipazione alle attività di valorizzazione dei Beni culturali sommersi. Solo la pubblica fruizione, previa autorizzazione da parte dell’Autorità marittima competente, ai sensi di un’ordinanza attualmente in corso di emanazione, potrà garantire nel tempo la conservazione della memoria storica.
Dinamica del naufragio e caratteristiche del relitto
Grazie ai documenti trovati e consultati durante lo studio, che rappresentano una relazione dettagliata degli accadimenti, la dinamica del naufragio della S.S. Cambria è chiara; l’osservazione del suo relitto conferma inoltre la successione degli avvenimenti che l’hanno determinato.
I resoconti descrivono mare in tempesta e vento fortissimo da nord-est, che investe la nave appena uscita dallo stretto di Messina con rotta in direzione ovest nel mare Tirreno. Considerato che, per il parziale allagamento della sala caldaie la nave procedeva a velocità dimezzata, al largo di Brolo il capitano Henry C. Mitchell, pensò di invertire la rotta e ritornare nello Stretto per attendere il miglioramento delle condizioni meteorologiche.
L’ampia virata eseguita espose però lo scafo al mare grosso, stressandone ulteriormente le strutture e allagando quasi tutti gli ambienti, disattivando una caldaia e costringendo a dedicare la potenza vapore rimanente solo per le pompe: in queste fasi diversi marinai perirono.
Data la situazione disperata, il capitano provò a salvare la nave dirigendola verso terra e ordinò ai marinai di spiegare le vele ancora utilizzabili e provare a riavviare le macchine: “Ormai la sala macchine, la cabina e il lazzaretto di poppa erano pieni d’acqua. Il piroscafo si è incagliato verso le 4 del pomeriggio, il mare si è infranto sull’albero maestro, trascinando diversi marinai in mare” (Shields Gazette e Daily Telegraph, 06/03/1869). Nel corso della manovra venne anche sganciata la grande ancora di sinistra, che prese rapidamente il fondo, ma appena fece presa, complice il moto ondoso, il piroscafo iniziò a girarsi con la poppa verso dritta, sottoponendo lo scafo già danneggiato e parzialmente allagato, ad un ulteriore sforzo di trazione, fino a quando lo stesso si spezzò a mezza nave, scagliando altri uomini tra i flutti e affondando definitivamente.
Dallo studio del modello tridimensionale si osserva l’ancora di dritta al suo posto, con l’argano principale leggermente scostato per il grande sforzo sostenuto. In generale il troncone di prua è quello in peggiori condizioni, sia per la bassa profondità che per lo stress subito durante il naufragio. Il troncone di poppa, invece, si presenta in migliori condizioni: si riconoscono le caldaie a tubi di fiamma, una buona parte dello scafo, l’asse dell’elica spezzato e rivolto verso l’alto, la macchina propulsiva (ancora in posizione). La grande elica a quattro pale rimane al suo posto, mancante di una pala e col dritto di poppa storto: segno che negli ultimi istanti venne invertita la marcia per frenare la nave, mentre al contatto con il fondo queste parti collisero fra loro. Appena qualche metro a sinistra delle caldaie si poteva vedere l’elica di rispetto a tre pale, da anni ormai insabbiata insieme ad altre parti, compreso il fumaiolo.

