Mentre sta per cadere il veto su Conte, che prende parte alla trattativa tra M5S e Pd per dare vita a un governo giallorosso, i nodi, quelli sui contenuti del programma e i ministri, restano immutati.
Non basta un vertice di quattro ore a Palazzo Chigi per arrivare alla fumata bianca di un nuovo esecutivo M5S-Pd. E così, il confronto andato in scena ieri sera alle 21 tra le delegazioni pentastellate (Luigi Di Maio e Conte) e quelle dem (Nicola Zingaretti e Andrea Orlando) è aggiornato a stamattina, quando alle 11 torneranno a sedersi al tavolo. La sfida resta aperta.
Diversi i punti ancora da precisare su manovra, giustizia e decreti sicurezza.
E prima di ufficializzare il via libera sul nome di Conte, il Pd chiede che vengano sciolti i nodi sul programma. “Strada in salita su programma e contenuti”, riferiscono in nottata fonti dem e quadra ancora da trovare soprattutto sulla manovra: “Siamo al lavoro ma c’è ancora molto da fare su contenuti e programma” fanno sapere le stesse fonti. Replicano i grillini: “Dopo 4 ore di incontro il Pd non ha ancora chiarito la sua posizione su Conte. È un momento delicato e chiediamo responsabilità, ma la pazienza ha un limite. L’Italia non può aspettare. Servono certezze”.
Circolano già i primi nomi sui papabili ai ministeri chiave, è vero, ma chi ha preso parte al vertice fa sapere che le due forze politiche, più che sui nomi, ieri si sono confrontate sui contenuti. Zingaretti, che per tutta la giornata invoca la necessità di procedere sotto il segno della “discontinuità”, fa sapere che non resterà fuori da un governo Pd-M5S.
Sul totonomi, sono diversi gli scogli da superare, come il ruolo di Di Maio, che nel governo gialloverde ricopriva ben tre incarichi: vicepremier, ministro dello Sviluppo Economico e ministro Lavoro.
Nel totoministri il suo nome finisce nelle caselle di Difesa, Esteri e Interno.
Ma in queste ore azzardare ipotesi appare ancora prematuro.
Come il ruolo di vicepremier (che sarà uno, e non due come nel governo Lega-5S) per il quale si fa il nome del vicesegretario Pd, Orlando. Insomma, la trattativa è ancora lunga.
La lettera aperta di Leoluca Orlando ai dem
“Il Mezzogiorno ha diritto a infrastrutture, politiche del lavoro, politiche di sviluppo e adeguamenti normativi che liberino le amministrazioni comunali da un sistema troppo contorto. Un sistema che unito ai sempre più pesanti e insostenibili tagli dei trasferimenti, rende l’amministrazione quasi una missione impossibile”.
Lo dice il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, in una lettera aperta ai dirigenti del Pd sulla crisi di governo e sulle trattative in corso per la creazione di un nuovo esecutivo.
La nota è stata inviata al segretario del Pd Nicola Zingaretti e ai capigruppo dello stesso partito Graziano Delrio e Andrea Marcucci.
“A rischio la tenuta democratica del Mezzogiorno”
“Il Mezzogiorno – aggiunge – rivendica livelli essenziali nel settore sociale e scolastico e una politica che non ostacoli le energie imprenditoriali e giovanili. Soprattutto nel Mezzogiorno è a rischio la tenuta democratica delle istituzioni locali, che vengono da un anno di indifferenza e di provocazioni antidemocratiche provenienti proprio da chi, il ministro dell’Interno, dovrebbe invece tutelarne e rafforzarne il ruolo”.
“Credo necessaria – afferma Orlando – una posizione forte del Pd, che al di là di personalismi e veti esprima una visione che coniughi ambiente, diritti e sviluppo culturale ed economico soprattutto nel Mezzogiorno che, grazie all’ accoglienza, sta scoprendo la cultura dei diritti di tutti. Proprio l’accoglienza si è rivelata motore e collante sociale per raggiungere, pur fra mille difficoltà e con mille lacune, una posizione positiva in termini di sicurezza ed internazionalizzazione”.
“Deriva autoritaria del governo uscente”
“A Palermo – conclude – e in tante città anche del Mezzogiorno si è manifestata una resistenza democratica alle politiche di deriva autoritaria del governo uscente e alla sua disattenzione per il Sud. Una resistenza che non può più essere affidata alla ‘lucida follia’ di qualche amministratore locale né trattata con indifferenza dalla politica e dal governo nazionale”.

