La gente non ha requie, si agita continuamente perché vuol fare qualcosa, o qualcosa di nuovo, o qualcosa di diverso, tutto purché non ripeta ciò che ha già fatto prima.
Evidentemente non ha tratto soddisfazione da ciò che faceva, forse anche perché non ci metteva passione o voglia di fare e fare bene.
Questa ricerca di cose nuove è il sintomo di un’instabilità caratteriale delle persone, le quali non si accontentano di quello che il Caso gli porta giornalmente e pensano che il nuovo sia meglio del vecchio, dimenticando che, come si dice, “l’ottimo è nemico del buono”.
Questa instabilità, quasi insofferenza, e la conseguente voglia di cose nuove, alla fine non dà soddisfazione perché non vi è a monte la determinazione di stabilire cosa è meglio e cosa è peggio, cosa vale la pena fare e cosa no.
Insomma, il solito dilemma fra il buono e il cattivo, fra il bene e il male. Per fare una giusta scelta bisogna far buon uso di quello strumento prezioso che è il cervello, con la conseguente capacità di attuare le opportune valutazioni.
La Normalità, ecco qualcosa che tanta gente ripudia o che ha in antipatia: la Normalità degli atti abitudinari, delle cose che si fanno ogni giorno, belle o brutte, buone o cattive; non è ripudiandole che si ottiene una migliore qualità della vita.
Certo, è una questione di punti di vista, ma se cerchiamo di guardare lontano, provenendo da lontano, ci accorgiamo che è proprio la Normalità che ci fa vivere meglio, sempre basandola su atti e gesti di qualità.
Intendiamoci, la qualità non deve essere un dato eccezionale, ma normale di tutte le cose, piccole o grandi, con le quali conviviamo e che ci possono dare dolori o piaceri.
La salute si considera un fatto “normale”, ma non rientra nella Normalità (scusate il gioco di parole): non c’è il diritto a star bene perché ognuno di noi deve ovviamente e periodicamente subire malattie più o meno gravi. Quindi non bisogna imprecare quando queste arrivano, mentre bisogna essere consapevoli che esse possono arrivare. Dopo di che vanno affrontate con buonsenso e con realismo, sapendo che si possono superare per ristabilire la buona salute.
La Normalità è nel vivere bene nella propria famiglia e con i propri amici, facendo quello che si può fare, non solo quello che si vorrebbe fare. Quindi, senso di realismo e di concretezza, il che non vieta di sognare, ma sempre con i piedi ben piantati a terra.
Si potrebbe obiettare che questa concretezza nel vivere potrebbe essere una causa che impedisce ai geni di pensare e realizzare cose straordinarie. Non ci sembra di poter condividere questa posizione perché, per contro, la Normalità è un’ottima base per potersi lanciare in eventi straordinari e per porsi obiettivi, con una visione che vada al di là dell’orizzonte.
Essere più “normali” significa essere più caricati per fare cose fuori dall’ordinario, che però sono straordinarie, e in questa veste vanno valutate e programmate.
Certo, vi sono i geni che intuiscono fatti inimmaginabili, che scoprono nuove medicine e nuove cure, che vedono al di là degli astri in universi per noi sconosciuti, ma che esistono.
Quanto descriviamo non è frutto di fantasia, ma di esperienza e di conoscenza, che sono tuttavia limitatissime dato che ognuno di noi è sempre una goccia d’acqua in un mare.
Per stare in questa posizione bisogna conoscersi bene, per cui serve l’autoanalisi che consente a ciascuno di noi di vedersi introspettivamente. Non sempre però siamo capaci di guardarci dentro, in profondità, perché restiamo in superficie e non ci scrutiamo adeguatamente per autoscoprirci.
Per andare in questa direzione è necessaria un’estesa lettura dei grandi libri di tutti i secoli ed essere capaci di argomentare e di prospettare fatti e cognizioni che siamo in grado di acquisire.
Insomma, la vita deve essere sempre un movimento e in movimento – guai a restare seduti a contemplare se stessi – con un dinamismo che consenta di andare verso il progresso e verso l’innovazione, non solo esterna, ma anche di noi stessi, per migliorare il nostro modo di pensare e di agire.

