Australia in fiamme, i numeri e le conseguenze degli incendi
In Australia proseguono gli incendi che hanno ormai bruciato circa 11 milioni
di ettari di terreno, distruggendo 1.500 abitazioni e l’intera città di
Balmoral.
Migliaia di militari e missionari sono partiti per aiutare animali e
persone costrette a vivere in questo incubo senza fine, essi sono stati
invitati a portare acqua, cibo e carburante.
Tuttavia gli incendi continuano a bruciare il territorio Australiano,
soprattutto il Nuovo Galles lo stato con maggiore numero di abitanti; le
vittime certe che fin ora si sono contate sono 28 persone ( tra cui 4 vigili
del fuoco) , non contando i dispersi, mentre quasi 480 milioni di mammiferi,
uccelli, rettili e altri animali sono deceduti a causa dei devastanti incendi,
mentre quasi 480 milioni di mammiferi tra cui uccelli, rettili e altri animali
sono deceduti o rimasti feriti a causa dei devastanti incendi. La specie che si
trova più a rischio è quella dei koala, si stima che siano circa 8 mila di
koala dispersi nelle fiamme, rischiando estinzione della specie.
Anche specie meno
note e iconiche, potrebbero trovarsi in rischio dagli incendi. Come l’Anthochaera
phrygia, uccello classificato in pericolo critico di cui sopravvivono in
natura appena tra i 250 e i 400 esemplari. Essi vivono nelle Blue Mountains,
una delle foreste più colpite dalle fiamme. O come la Assa
darlingtoni, una minuscola rana che popola le antiche foreste pluviali del Gondwana e
che necessita di particolari condizioni di umidità per sopravvivere.
Il fumo degli incendi, che ha percorso migliaia di chilometri arrivando fino alla Nuova Zelanda, dove la cenere ha ingiallito i ghiacciai (accelerandone così la fusione), e perfino in Sudamerica, ha reso irrespirabile l’aria di molte città australiane. A Canberra, grande città dell’entroterra, la scorsa settimana è stata registrata la peggiore qualità dell’aria al mondo, mentre a Sydney, offuscata da una nube di polveri sottili, si è verificato un aumento del 10 per cento dei ricoveri ospedalieri.
A far luce sugli incendi in Australia ci ha provato Giorgio Vacchiano, ricercatore e docente in gestione e pianificazione forestale alla Statale di Milano.
Essi afferma: “In Australia, metà delle accensioni sono causate da fulmini, e metà dall’uomo per cause sia colpose che dolose. Gli incendi più grandi tendono tuttavia a essere causati dai fulmini, perché interessano le aree più remote e disabitate, dove è meno probabile che arrivino le attività umane”. Mentre, alla risposta “Cosa sta causando il propagarsi delle fiamme?” risponde: “Nell’ultimo anno le temperature medie sono state 1.5 gradi più alte rispetto alla media, ed è mancato oltre un terzo della pioggia che solitamente cade sul continente. Mentre la siccità si protrae ormai da ben due anni. Quando l’aria è calda e secca, la vegetazione si dissecca. Più la siccità è prolungata, più grandi sono le dimensioni delle parti vegetali che si seccano. Quando anche le parti più grandi (fusti e rami) perdono acqua, cosa che avviene molto raramente, gli incendi possono durare più a lungo. Quello che diffonde le fiamme, invece, è il vento, che spinge l’aria calda generata dalla fiamma sulle piante vicine. Normalmente, gli incendi più vasti si verificano infatti in giornate molto ventose”.
Giorgia Ninni