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Guerra dei dazi, la Sicilia una delle regioni più colpite da Trump: ecco perchè e cosa cambia

Guerra dei dazi, la Sicilia una delle regioni più colpite da Trump: ecco perchè e cosa cambia
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Lo studio della Cgia di Mestre punta il dito su una bassa percentuale di diversificazione dell’export

La Sicilia potrebbe essere una delle regioni italiane a pagare il prezzo più alto dai dazi che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump vuole imporre alla comunità europea, e non solo.

Lo studio della Cgia di Mestre

Lo studio della Cgia di Mestre punta il dito su una bassa percentuale di diversificazione dell’export, e a livello nazionale l’indice di diversificazione peggiore è della Sardegna (95,6%), dove domina l’export dei prodotti derivanti della raffinazione del petrolio.

Seguono il Molise (86,9%) caratterizzato da un peso particolarmente elevato della vendita dei prodotti chimici/materie plastiche e gomma, autoveicoli e prodotti da forno, e poi appunto la Sicilia (85%), che ha una forte vocazione nella raffinazione dei prodotti petroliferi. Le aree meno in pericolo sono del Nord.

Le parole della Marano

“L’offensiva commerciale di Trump che porterà i dazi al 30% è il colpo di grazia finale inferto alle nostre aziende che esportano il Made in Italy e di conseguenza al sistema produttivo del nostro Paese. A ciò si aggiungerà lo sforzo che dovremo sostenere per trasformare la nostra economia in una economia di guerra portando le spese militari al 5% del nostro Pil: oltre 100 miliardi di euro l’anno”. Lo afferma Jose Marano, parlamentare regionale del Movimento Cinquestelle.

“Uno scenario non rassicurante”

“Siamo di fronte ad uno scenario per nulla rassicurante – spiega Marano – Le emergenze in Italia si chiamano sanità, sicurezza sul lavoro, caro vita, dispersione scolastica, costi energetici, politiche sociali. Con 70 miliardi l’anno si potrebbe costruire un’architettura socio-economica molto più solida, fondata sul buon senso e proiettata verso il benessere dei cittadini. Invece si preferisce seguire la via del riarmo a discapito delle reali esigenze dei cittadini italiani”.

Gli investimenti “proibiti”

“Immaginate di investire diversamente queste cifre: 20 miliardi in più alla sanità; 10 miliardi in più per l’istruzione; 10 miliardi in più per chi non ha alcun reddito; 10 miliardi per rendere più sicura la quotidianità dei cittadini italiani; 10 miliardi per la sicurezza sul lavoro; 10 miliardi per il dissesto idrogeologico. Invece andremo ad impegnare circa 70 miliardi in più per spese militari che porteranno morte, distruzione, devastazione e povertà economica su tutta l’Europa”.

“Direi – conclude Marano – che bastano e avanzano le ingenti somme che già spendiamo, ovvero circa 33 miliardi l’anno. Una vera patriota avrebbe pensato alle priorità dei propri cittadini e non agli interessi di fantomatici amici”.

I dati della Lombardia

La Lombardia (con un indice del 43%) è ipoteticamente la meno a “rischio». Poi il Veneto (46,8), la Puglia (49,8), il Trentino A.A. (51,1), l’Emilia R. (53,9) e il Piemonte (54,8). Milano è l’area geografica del Paese che esporta di più verso gli Usa: nel 2024 le vendite hanno toccato i 6,35 miliardi di euro. Poi Firenze (6,17), Modena (3,1), Bologna (2,6) e Torino (2,5) città che esportano quasi un terzo del totale nazionale.