Nella Giornata europea della protezione dei dati personali, un focus sulla sicurezza digitale nell’era di internet e dei social.
La moglie, l’amante e il marito
tradito: sembra il classico topic di una soap latinoamericana. Invece siamo a
Palermo, nel parcheggio dell’Hotel Eufemia che in greco significa “di
buona fama”, e i tre protagonisti sono già entrati di diritto nelle pagine del
cult grottesco panormita.
Il video dell’incontro, tristemente
ripreso proprio dal marito e diventato virale nei giorni scorsi, ha registrato migliaia
di condivisioni tra gli utenti online. Pane caldo per i denti della spietata
ironia sul web, che non ha di certo risparmiato nessuno dei protagonisti: oltre
alla diffusione social del video, numerosi meme, immagini e audio
WhatsApp hanno contributo alla derisione pubblica.
Un’ennesima vicenda che, se
archiviata nel plico del tragicomico, si limiterebbe alla burla.
Tuttavia le immagini riprese (e i relativi contenuti) non lasciano che
trasparire un ennesimo caso di lesione della privacy a cui gli utenti
del web vanno quotidianamente incontro, in alcuni casi sfociando in esiti drammatici.
Revenge porn, lesioni a danno di minori, violazioni di dati sensibili sono solo
alcuni degli aspetti centrali su cui occorre tenere alto, nel contesto digitale
entro cui viviamo, il livello d’allerta.
Oggi, 28 gennaio, ricorre la Giornata
internazionale della protezione dei dati, una giornata internazionale che
ha come scopo la sensibilizzazione e la promozione dell’importanza della
privacy e della protezione dei dati. Governi, parlamenti e altri organismi
istituzionali svolgono diverse attività per accrescere la consapevolezza su questi
diritti: campagne mirate per il pubblico, progetti didattici per insegnanti e
studenti, porte aperte a conferenze e agenzie per la protezione dei dati.
Come ha dichiarato questa mattina il presidente di Federprivacy, Nicola Bernardi, “Tutelare la privacy delle persone significa proteggerle” sottolineando come i minori siano la fascia più a rischio. In questo senso, Bernardi ha sottolineato il lavoro dell’Autorità Garante che a seguito dei recenti fatti di cronaca riguardanti il caso di Antonella – la bambina palermitana di 10 anni morta per una sfida su Tik Tok – “Sta coraggiosamente conducendo accertamenti nei confronti di noti social come Instagram, Facebook e – per l’appunto – Tik Tok”.
Nel non-luogo della Rete, occorre
dunque chiedersi se il web sia davvero l’origine di tutti i mali perché consente
un rapido circuito di condivisione, o se sia solo un riflesso delle nostre
scelte in merito ai contenuti pubblicati. L’annosa questione, che coinvolge
diversi addetti ai lavori – dalle aule dei tribunali ad autorità amministrative
indipendenti come il GPDP, Il Garante per la protezione dei dati
personali – cerca ancora una sua risposta, confinata ora in questioni
etiche ora in normative giudiziarie.
Ad ogni modo, forse, la soluzione migliore sarebbe quella di trovare un freno
alla “frenesia social” del nostro quotidiano, indagando fenomeni
quali il second screen oltre che le ragioni che spingono l’uomo del XXI
secolo ad agire prima online anziché offline.
Gioacchino Lepre