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I dilapidatori vogliono aumentare il deficit

I dilapidatori vogliono aumentare il deficit

Vi sono partitocrati che non conoscono la Politica e che non hanno una visione strategica del futuro dell’Italia, poggiata su pilastri, che sono progetti a medio e lungo periodo. Straparlano, dando inutilmente fiato alla bocca, di spendere, spendere e spendere: non per investimenti, che fanno muovere bene la ruota economica bensì per spesa corrente.

Si tratta di un comportamento irresponsabile perché essa comporta i cosiddetti “scostamenti di bilancio”, i quali andrebbero chiamati con il loro nome: nuovi debiti.
Tali debiti sono rappresentati dalla firma di Cambiali, cioè Buoni del Tesoro, che qualcuno dovrà comprare e che i nostri figli dovranno pagare fra dieci/venti/cinquant’anni. Questi ultimi, data la loro durata, sono chiamati “Matusalem”.

Il Governo Draghi, per la verità, conoscendo bene le dinamiche finanziarie, tiene duro su questo versante, con la conseguenza che resiste alle sirene dei nuovi scostamenti di bilancio.

Draghi conosce benissimo le dinamiche finanziarie a livello europeo e mondiale.
Ha già sentito gli avvisi ripetuti di Jerome Powell, Presidente della Federal Reserve statunitense, il quale ha detto che entro quest’anno i tassi aumenteranno di ben sei volte. Powell ha inoltre bloccato l’acquisto di titoli emessi dal Tesoro americano.

Draghi ha sentito il secondo pesante avvertimento, quello dato da Christine Lagarde, Presidente della Banca Centrale Europea, la quale, con una certa prudenza, ha disegnato lo scenario del secondo semestre di quest’anno: cessazione dell’acquisto di Buoni del Tesoro dei Paesi membri e aumento dei tassi, seppur in modo più lieve rispetto a quello americano.

Gli effetti di questi due annunci si concretizzeranno in cospicue vendite di tali titoli, i quali ogni giorno perdono valore, danneggiando chi li possiede. Questa discesa diventerà ancora più ripida proprio nel secondo semestre di quest’anno, tanto che si comincia ad ipotizzare che i titoli pubblici vadano verso un interesse intorno al cinque per cento, quindi con un forte deprezzamento del loro valore.
Conseguenza per il Governo è un aumento del costo del debito pubblico, che – questo sì – comporterà uno scostamento di bilancio, cioè la firma di nuove Cambiali, alias Buoni del Tesoro.

La guerra russo-ucraina ha dannosi riflessi per la nostra economia, tant’è che il Def (Documento di Economia e Finanza), appena approvato dal Parlamento, prevede un modesto incremento del Pil, poco sopra il due per cento, il che non consente di far diminuire il rapporto di quest’ultimo con il debito pubblico, che continua a veleggiare intorno al centocinquanta per cento.

Ecco un aspetto che, per la dissennata guerra ucraina, non era stato preso nella debita considerazione da governanti imprevidenti. Costoro si sono gettati a corpo morto a sostenere un’improvvida iniziativa di un attoruncolo senza invece cercare di frenarne lo slancio e con esso impedire a Putin di iniziare una guerra – condannabile senza mezzi termini e condannata in ogni caso – perché non vi è ragione al mondo che possa giustificarla. Ma ciò non è avvenuto, con disdoro di coloro che dovevano andare in quella direzione (la Pace) piuttosto che in quella attuale (la guerra).

Il nostro Paese ha un problema di fondo enorme e cioè che un terzo del suo territorio e della sua popolazione si trovano in una condizione di grande inferiorità economica, sociale e finanziaria, non solo nei confronti dell’Europa, ma anche dell’altra parte del territorio italiano.
La disastrosa Unità d’Italia del 1861 ha rovesciato le condizioni delle popolazioni: quelle meridionali, intorno a Napoli, erano ricche e prospere; quelle del Nord, attorno a Torino, avevano finanze disastrate ed erano in condizione di povertà.

Il ladrocinio delle ricchezze del Sud trasferite al Nord ha prodotto il quadro che abbiamo prima delineato e questa mentalità di mantenere il Sud in povertà e di fare arricchire il Nord è rimasta.
In settantaquattro anni, dal primo gennaio 1948 (pubblicazione della Carta Costituzionale) nessun governo, neanche con la fumosa Cassa del Mezzogiorno, è riuscito a riequilibrare le due parti. Colpa dei meridionali? Sicuramente, che non hanno spina dorsale, né capacità o voglia di fare quanto serva per rimettersi in piedi.

Ma è anche colpa non secondaria dei governi, che ascoltano le sirene dei potentati economici e finanziari e chiudono gli occhi per non vedere quello che accade al Sud.