La mia generazione sarà l’ultima che ha studiato sui libri, quella successiva ha studiato sui “sunti”, i vecchi “Bignami”, quella attuale studia su “Wikipedia” e quelle successive studieranno con “l’Intelligenza artificiale”, con il rischio di non studiare affatto.
La mia generazione è afflitta da patologie varie della colonna vertebrale, anche a causa del carico di libri che doveva portarsi dietro e di banchi scolastici che erano veri e propri strumenti di tortura, la generazione successiva ha usato lo zainetto, sicuramente meno devastante, quella attuale ha il trolley e la prossima avrà un leggerissimo tablet.
La mia generazione quando riusciva a fare ginnastica la faceva tra i banchi, perché nelle scuole non c’erano le palestre, la generazione successiva usava i cortili interni, quella attuale ha le palestre e la prossima, finalmente, considererà lo sport come un’attività importante per lo sviluppo del corpo, ma anche della mente.
Tutto questo, e molto altro, fa parte del progresso, fa parte dei cambiamenti che il mondo affronta anno dopo anno, anzi, minuto dopo minuto. A noi, dico a tutti noi, non soltanto alla politica, a cui, ovviamente, il compito di organizzare la scuola e la vita spetta ancora di più, non resta che adeguarci gestendo il progresso, altrimenti non potremo che esserne gestiti e non so bene per quali scopi.
Questa lunga premessa mi serve per provare a spiegare che la logica dei divieti, che sembra appassionare l’attuale ministro dell’Istruzione, che pure non è affatto un incompetente, non mi appassiona affatto per alcune ragioni: primo perché i divieti che non possono essere verificati vengono elusi; secondo perché non si migliora la situazione modificandone gli effetti, ma intervenendo sulle cause; infine perché il progresso non si ferma mai, tuttalpiù è possibile usarne le evoluzioni, per fini utili al miglioramento della qualità della vita di ciascuno.
Non è appesantendo la vita di ciascuno, con decine di divieti, che si migliora l’educazione e la cultura
Insomma, pedagogisti, insegnanti, presidi, provveditori e ministri non bisogna aver paura del progresso e della tecnologia, bisogna aver paura di chi non li sa adoperare. Non bisogna aver paura dei tablet o dei telefonini, ma di quello che ci si mette dentro, cioè dei suoi contenuti culturali e non. Non bisogna aver paura delle risposte che ci dà l’intelligenza artificiale, ma delle domande che non le si dovessero saper rivolgere, perché nessuno lo ha mai insegnato bene, né è stato mai insegnato a comprendere le sue dinamiche, così come, semmai, bisogna temere chi pretende di utilizzarne le proprietà per fare del male al prossimo. E soprattutto, ma questo riguarda la scuola come qualsiasi altro settore della società, non è appesantendo la vita di ciascuno, con decine di divieti, che si migliora l’educazione, la cultura e la qualità della nostra esistenza, ma con l’educazione e l’istruzione dalle quali non si deve poter sfuggire.
In particolare, con un’istruzione e una educazione che siano capaci di condurre bene le risorse che il progresso ci mette a disposizione, non certo facendosene paurosamente condurre o sprecandole.
I libri scolastici non finiranno mai di avere un ruolo fondamentale nella vita di ciascuno
In quanto ai libri scolastici, personalmente credo che non finiranno mai di avere un ruolo fondamentale nella vita di ciascuno, solo che, finalmente, non saranno più strumento di speculazione da parte di case editrici e di insegnanti privi di scrupoli che, da un anno all’altro, li cambiano senza che vi siano state sostanziali innovazioni nei loro contenuti didattici.
E poi, parliamoci chiaro: il calore emotivo di un libro, di un romanzo, di una bella pagina di poesia, non hanno lo stesso effetto di uno schermo al plasma, così come un bacio dato sulle labbra del proprio o della propria amata non produce le stesse sensazioni di un bacio descritto da qualche algoritmo ben elaborato, dal quale, personalmente, mi attendo altro tipo di riscontro che non quello emozionale.
In ogni caso, per avere risposte certe su quello che ci attende, basterà semplicemente aspettare qualche anno, in fondo nemmeno tanti. Ma ci arriveremo? Beh, se sapremo utilizzare adeguatamente l’intelligenza artificiale, se sapremo affidarle il compito di elaborare diagnosi e terapie invece di inutili video fake, forse faremo in tempo ad arrivarci pure noi, che non siamo più tanto giovani.

