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I meriti nascosti della crisi del 2008

I meriti nascosti della crisi del 2008
Banche e prestiti a imprese – repertorio QdS carta

La massimizzazione del valore per gli azionisti è l’idea più sciocca del mondo

continua dal QdS del 28/5/2025

Lo slogan secondo cui bisogna interessarsi solo della massimizzazione di valore per gli azionisti è più che una favola, un micidiale errore. Ha giustificato nella prassi le più immonde sconcezze. Ha fatto fare al pensiero manageriale un regresso di oltre ottant’anni se è vero che nel 1913 il presidente degli Usa Woodrow Wilson diceva: “Una moderna società per azioni del tipo ‘public company’ non deriva i suoi diritti e poteri dai principi della proprietà privata. I suoi poteri derivano dalla legge. Una grande società, può essere detta, in senso proprio, una proprietà collettiva”. Il compito degli amministratori e dei dirigenti è di far fiorire l’impresa, soggetto di sviluppo collettivo, e, per questa via ed indirettamente, anche di far crescere, a lungo termine, il valore per gli azionisti. Chiedere a un amministratore di interessarsi solo o prevalentemente della creazione di valore per gli azionisti è chiedere allo stesso di comportarsi da idiota o da irresponsabile.

Ma bisognerà arrivare alla crisi del 2008, perché questo nefasto principio e il modello d’impresa sottostante incominciasse a tentennare. Il 16 marzo 2009 in un articolo del Financial Times, intitolato “Shareholder value re-evaluated”, si affermava solennemente: “Shareholder value maximization is dead” e che la tesi della massimizzazione del valore per gli azionisti è l’idea più sciocca del mondo (“Shareholder value maximization is the dumbest idea in the world”).

Questa dichiarazione è stata rilasciata da uno dei maggiori Ceo dell’epoca d’oro dello “star system”, il mitico Jack Welch, a lungo Ceo della General Electric, allora la società di maggiore successo del mondo, al Financial Times: “Una rivoluzione di palazzo nel regno degli affari sta rovesciando la dittatura della massimizzazione del valore degli azionisti come unico principio guida nella strategia aziendale e, come spesso accade nei regicidi, molti dei coltelli sono nelle mani dei tirapiedi del vecchio regime”.

L’articolo prosegue illustrando le ragioni per cui questo improprio principio viene abbandonato: le buone imprese si basano su un equilibrato sistema di relazioni di fiducia tra manager, dipendenti, clienti, fornitori, nel breve e nel lungo periodo, e la responsabilità del buon manager è di perseguire questo equilibrio nel tempo, spiegando agli azionisti che il perseguimento della “massimizzazione di valore” solo per gli azionisti è, alla lunga, un danno anche per loro. Ma per ricordare quanto a fondo era penetrato questo deleterio principio nella cultura economica basti ricordare che l’economista Guido Tabellini, allora rettore della Bocconi, il 16 aprile 2009, ad un mese esatto dopo l’epitaffio del Financial Times, ancora affermava il principio della massimizzazione del valore come “uno dei postulati fondamentali del capitalismo moderno”.

La crisi esplosa nel 2008 ha riaperto, dunque, tanti discorsi che sembravano soffocati negli anni Novanta.

continua…