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I parlamentari devono lavorare a tempo pieno

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giovedì 09 Gennaio 2025

Eletti, mettersi in aspettativa

Professionisti/e, imprenditori/trici, dirigenti e dipendenti pubblici e altri, quando vengono eletti/e, dovrebbero mettersi in aspettativa perché non è serio continuare a fare il proprio lavoro dopo avere ricevuto il mandato dagli/dalle elettori/trici.

Ricordiamo che l’articolo 67 della Costituzione prevede che il parlamentare non abbia vincolo di mandato, cosicché possa agire con le mani libere. Ma se continua a fare il lavoro che faceva prima delle elezioni, non ha le mani libere perché inevitabilmente il proprio lavoro interseca quello del parlamentare.
Fra l’altro, egli/ella riceve un’ottima indennità, di circa centocinquantamila euro l’anno, oltre al rimborso spese forfettario di decine e decine di migliaia di euro. Ancora, riceve ulteriori indennità quando occupa posti di responsabilità da presidente del Senato e della Camera, da segretario/a, da presidente e vicepresidente di commissioni varie e via enumerando. Cosicché, da un punto di vista economico, un/a parlamentare non può certo lamentarsi.

Fare il/la parlamentare non è obbligatorio, ma chi lo fa deve avere la coscienza profonda che sta servendo il Popolo, per cui se la somma di tutte le indennità descritte risultasse inferiore ai suoi redditi, il conseguente sacrificio sarebbe pienamente giustificato da quell’azione morale che sta svolgendo, appunto, al servizio del Popolo.

Siamo convinti/e che nonostante le buone ragioni che abbiamo esposto, da questo orecchio i/le parlamentari non ci sentono e non ci vogliono sentire perché ognuno vuole continuare a gestire il proprio orticello, anche perché spesso dalla posizione di parlamentare si possono ottenere vantaggi privati indiretti, nonostante questo sia vietato dalla Costituzione.

Dobbiamo inoltre evidenziare tutti i privilegi che hanno i/le parlamentari quando sono eletti/e alle diverse cariche: da auto blu con autista a stanze con impiegati/e e segretari/e, nonché l’utilizzo di tutte le spese inerenti agli ambienti che vengono occupati.
Solo chi si concentra sul proprio incarico può fare il meglio possibile perché non è distratto/a dalle proprie attività private.

I/le parlamentari hanno spesso l’abitudine di servire il proprio collegio elettorale, cioè i/le cittadini/e che lo hanno votato. Ma servire non significa procurare loro favori di ogni genere e tipo, cosa che sappiamo benissimo accade, cioè che molti parlamentari, e in generale persone che fanno attività politiche, ricevono nei loro uffici cittadini/e che chiedono favori di ogni sorta.

Questo è il danno maggiore della nostra società e cioè che la politica è fatta sulla base della cultura del favore e non della cultura del merito e dell’interesse generale, cultura del favore che i/le parlamentari alimentano per essere eletti/e, cercando di accontentare coloro che li debbono votare.
Ma la cultura del favore è un danno, negli anni, per l’intera popolazione perché impedisce ai/alle responsabili delle istituzioni di tutti i livelli di mettere in atto programmi a lungo termine, di cui il territorio italiano, da Nord a Sud, ha bisogno.

Come si fa a contrastare la cultura del favore, soprattutto al Sud? Attraverso l’informazione, la quale dovrebbe essere fatta da persone colte e sapienti, moralmente ineccepibili, che spieghino alla gente come sia loro interesse appoggiare esclusivamente chi guarda lontano ed è onesto.

Ecco la questione di fondo: guardare lontano, oltre il proprio naso e la punta dei propri piedi. Ma questa capacità non è degli “ominicchi”, bensì delle persone che scrutano l’interesse della collettività.
Grandi statisti, come Alcide De Gasperi o Adenauer, sono morti poveri, mentre oggi chi occupa i vertici istituzionali ha villoni con piscina, abita in appartamenti di lusso, anche se non ha bisogno di servizi, perché utilizza personale delle Pubbliche amministrazioni.

Poi sentiamo lamentele di ogni genere sul fatto che i soldi che incassano Stato, Regioni e Comuni non bastano mai. È ovvio perché chi gestisce questi soldi non è capace di avere modelli organizzativi funzionali, eliminando la spesa corrente cattiva e concentrando le entrate sul territorio, sulle infrastrutture e su quelle attività che fanno crescere la cultura e il benessere di tutta la popolazione.

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