Oggi Palermo può essere rappresentata da quattro cantoni, in cui albergano i quattro drammatici principali problemi di questa ex Felicissima Città
Palermo ha un luogo epicentrico. Sono i famosi Quattro canti, posti all’incrocio tra via Maqueda, la seicentesca Strada Nuova, e Corso Vittorio Emanuele. Erano il confine del vecchio Cassaro, la città originaria.
Oggi Palermo può essere rappresentata da quattro cantoni, in cui albergano i quattro drammatici principali problemi di questa ex Felicissima Città.
- I rifiuti. In palermitano munnizza. È ovunque ed in ogni dove. Assedia le periferie ma anche il centro non viene risparmiato. In alcune strade ci sono discariche a cielo aperto. Ma manca anche lo spazzamento, ed il lavaggio delle strade è un miraggio. La città appare lorda. Chi viene da fuori lo percepisce, chi vi risiede è disperatamente assuefatto.
- La mobilità. Il famoso “Ciaffico” di Johnny Stecchino. In quello siamo campioni europei. Più che di mobilità potremmo parlare di immobilità. Solo cantieri promessi o infognati. Siamo il comune capoluogo di Regione e non abbiamo una tangenziale e la ex circonvallazione, oggi asse cittadino, è una tragedia.
- Le partecipate. Ossia le aziende, meglio definiti carrozzoni, dei servizi a rete. O meglio dei disservizi diffusi. Mentre le altre città italiane andavano verso le multiutilities quotate in borsa noi sceglievamo un modello sovietico. Tra voto di scambio e corruzione, soprattutto di cultura lavorativa. I concetti di efficacia e di efficienza sembrano sillogismi aristotelici.
- Il Piano Regolatore. Più precisamente l’assenza dello stesso. Palermo non ha uno strumento urbanistico che ne definisca la sua vivibilità ed il suo sviluppo, la Mission e il futuro che debba avere questa città.
Questo ambito quadrilaterale diventerà il centro del progetto di cambiamento o dell’implosione definitiva del Comune. Sembrano i quattro cavalieri dell’Apocalisse che posso affondare le strade dove vivono i cittadini, ormai flagellati e abituati al peggio. Chiunque diventerà Sindaco verrà messo al centro del gioco dei quattro cantoni. E chi sta al centro in questo gioco solitamente non è il vincitore, ma il fregato di turno. Per questo nessun big della politica cittadina si è proposto. Si attende l’agnello sacrificale da trasformare molto probabilmente nel capro espiatorio. Sarebbe più semplice che il sindaco futuro, chiunque esso sia, si limitasse a fare il playmaker, passando la palla ai veri “Sindaci”, coloro che dovranno affrontare i quattro giganteschi problemi, con una forza di delega e di autonomia eccezionali.
Solo passando da un modello monarchico ad uno consolare, nello stile della Repubblica Romana, si potrebbe reggere il peso del disastro in cui è precipitata la visionaria Camelot di chi finora ha governato. La cifra attuale in cui versa Palermo può essere simboleggiata da una parola. Degrado.
Palermo è una città più delabré che demodé. Una somma di incurie e lordure, sia materiali che di capitale umano. Finora i palermitani hanno sempre votato un re Carnevale. Ma cu è chiù fissa? Carnevale o chi ci va appresso?
Così è se vi pare.