Milano, 12 giu. (askanews) – Quanti alimenti surgelati si sprecano nelle cucine degli italiani? La risposta, secondo uno studio inedito dell’Osservatorio internazionale Waste Watcher per l’Istituto italiano alimenti surgelati, è molto pochi. Un dato che si ferma al 2,23% in un contesto dove buttare il cibo nella spazzatura è diventato fenomeno diffuso, che alimentiamo quasi senza accorgercene. L’ultimo dato disponibile dell’Osservatorio, infatti, parla di una media settimanale di circa 667 grammi a testa, quasi il 18% in più rispetto allo scorso anno. Ecco perchè spicca il dato misurato per la prima volta sul comparto dei surgelati:
“Rispetto al dato generale dello spreco domestico, intorno ai 700 grammi pro capite a settimana, il surgelato è soltanto il 2% – ha osservato Andrea Segrè, Direttore scientifico dell’Osservatorio internazionale Waste Watcher – fra l’altro si mantiene costante questa percentuale a partire dal 2021 anzi diminuisce un po’ a fronte di un incremento del consumo dei surgelati. Questo dimostra che effettivamente, se considerato come tipo di alimento e come fruizione in modo corretto, se ne spreca molto di meno”.
I surgelati, come attestano i numeri, possono essere, dunque, un volano per la gestione sostenibile delle nostre dispense. Con una media di meno di 15 grammi pro capite sprecata a settimana, questi alimenti rientrano nella top ten dei più virtuosi: rispetto alle verdure fresche, ad esempio, se ne spreca il 37% in meno, il -17,4% rispetto a verdura e frutta in vasetto o in barattolo. Numeri che si spiegano con alcune caratteristiche intrinseche, frutto anche dell’innovazione portata avanti dall’industria alimentare:
“I surgelati innanzitutto durano tantissimo perché la surgelazione è la tecnica che non incide sulle caratteristiche del prodotto fresco né su quelle nutrizionali né su quelle sensoriali – fa notare Giorgio Donegani, presidente Iias – poi c’è il fatto che adesso i surgelati sono porzionabili facilmente per cui dalla confezione scongelo solo quello che mi serve e poi l’altra cosa fondamentale è che il surgelato è pronto per il consumo e non ha scarti”.
Finora abbiamo parlato, però di valori medi in termini di sprechi, ma a livello geografico ad esempio le differenze sono significative con i consumatori del Nord più responsabili soprattutto del centro. E se si guarda alla composizione familiare e al livello socioeconomico, dove ci sono figli c’è meno spreco ed è il ceto medio e medio-basso il più attento al tema. In ogni caso un dato è comune: a livello domestico i consumi crescono, mentre sul fuori casa si registrano ancora delle resistenze.
“A livello domestico i surgelati ormai sono entrati a pieno titolo nelle abitudini di consumo. Nove italiani su 10 li acquistano, e oltretutto li acquistano più volte, acquistano più varietà merceologiche, praticamente hanno dimostrato una grandissima fiducia. Siamo arrivati a più di 17 chili di surgelati pro capite all’anno – ha osservato Donegani – paradossalmente però quello che in casa viene apprezzato a livello della ristorazione viene ancora penalizzato soprattutto dall’esistenza di da alcune consuetudini per esempio l’obbligo di mettere l’asterisco che è come un marchio di Caino, difficile da scardinare nella percezione del consumatore”.
L’asterisco che ancora oggi segnala nei menù l’uso di materie prime surgelate rappresenta, per Donegani, un freno all’utilizzo di questi prodotti nelle cucine dei ristoranti, al pari delle norme che ne limitano l’uso per esempio nelle mense (i criteri ambientali minimi per la ristorazione collettiva, inclusa la ristorazione scolastica).
In ogni caso per arginare sensibilmente il fenomeno dello spreco alimentare è dai consumi domestici che occorre partire perchè è lì che si annidano le più grosse difficoltà: “Se noi prendiamo la filiera alimentare dal campo alla tavola fra il 60 e il 70% di ciò che si spreca sta a casa nostra, è spreco domestico – afferma Segrè – l’attenzione si deve veramente concentrare sul nostro comportamento alimentare perché quei 600 grammi pro capite a settimana media se guardiamo al valore di ciò che noi abbiamo acquistato e gettato via, sono pari a 8,2 miliardi di euro e non è poco”. “Non sprechiamo perché veramente non vale la pena anzi è un costo molto molto rilevante”, ha concluso Segrè.

