L'impatto del project financing sulle opere pubbliche: successi, fallimenti e le conseguenze per il finanziamento
Anche la Galleria di Milano è stata fatta in project financing. Una società inglese appositamente costituita ottenne la concessione di costruire la galleria sfruttandone gli spazi commerciali. Dopo alcuni anni, dopo la costruzione della cupola di ferro e vetro da parte di un’impresa francese, l’impresa inglese fallì. Ed il Comune ritirò tutto per quattro soldi, facendo un ottimo affare. Anche con l’Eurotunnel è successo qualcosa del genere e tutti noi, attraverso la svalutazione dei crediti nei bilanci delle nostre banche, abbiamo contribuito, forzosamente al suo finanziamento e rifinanziamento. Storie molto simili sono quelle delle autostrade messicane, costruite con project financing calcolato su un periodo di tempo troppo breve per assicurare un ragionevole introito. Così i gestori aumentarono le tariffe e sempre meno gente utilizzò le autostrade. E si dovette ristrutturare l’intero progetto finanziario.
Con questi esempi intendo illustrare i seguenti concetti
Di norma la valutazione economico-finanziaria delle grandi opere pubbliche è sbagliata alla radice. Infatti si finisce necessariamente per adottare modi di valutazione, formule, ragionamenti che, sviluppati nel contesto di modeste opere private, hanno poco senso per opere pubbliche destinate a distribuire le loro utilità per tempi lunghi ed a numeri di utenti grandissimi: si sbaglia ipotizzando un fattore tempo troppo breve. Che senso ha calcolare il valore economico di un’opera di questo tipo sui 15-20-30 anni? La metropolitana milanese, iniziata nel 1960, con almeno cinquant’anni di ritardo, ha già quarant’anni. Eppure sembra fatta ieri. Per quanto tempo ancora le gallerie scavate nel sottosuolo milanese forniranno la loro utilità ed a quanti milanesi? E cosa è costato alla città il fatto che quest’opera essenziale venisse fatta con cinquant’anni di ritardo? Si sbaglia, conseguentemente, ipotizzando o pretendendo un ritorno finanziario in tempi troppo brevi. Si sbaglia infine appiattendo la valutazione esclusivamente sui suoi termini economico-finanziari. Le grandi opere pubbliche hanno altre valenze, hanno altre ragioni, sono testimonianza visibile di visioni e di energie che trascinano con sé tante altre cose, che suscitano tante altre volontà, speranze, impegni. Attraversano mille altre attività ed hanno mille altri ritorni. In una logica strettamente economica finanziaria perché mai la povera Europa del tempo avrebbe dovuto dedicare tante energie e risorse alla costruzione di Chartres? E perché i poveri popoli antichi dedicavano tante risorse alla costruzione di grandi opere di pietra.
Se lo chiede anche Rivière, il protagonista di “Volo di notte ” di Saint-Exupery: “E rivide un tempio al dio del Sole, un tempio degli Incas al Perù. Pietre diritte sulle montagne. Senza di loro che cosa rimarrebbe d’una civiltà potente, che pesava con tutto il peso delle sue pietre sull’uomo del giorno d’oggi come un rimorso? In nome di quale durezza, in nome di quale strano amore, il conduttore di popoli d’altre epoche, costringendo le folle ad issare quel tempio sulla montagna impose loro di erigere la loro eternità?… Il conduttore di popoli delle epoche lontane, se non ebbe forse pietà della sofferenza dell’uomo, ebbe però pietà, e immensamente, della sua morte. Non della sua morte individuale, ma pietà della specie che il mare di sabbia doveva cancellare; e perciò aveva spinto il suo popolo ad erigere quelle pietre che il deserto non avrebbe potuto seppellire”.