MISILMERI (PA) – L’Italia ieri era vestita a lutto: lo era a Misilmeri, per Sara Campanella, e lo era a Terni per Ilaria Sula. È sembrato quasi un giorno di commemorazione di vittime cadute in battaglia, ma in questo caso la guerra – se così la possiamo definire – è contro un fenomeno culturale che non smette di mietere vittime. Gli uomini che odiano le donne, che le ricattano, che le terrorizzano e che, sul piedistallo di un rapporto di forza patriarcale in cui il genere femminile è subalterno, decidono chi vive e chi muore. Questo è l’esercito da sconfiggere, o meglio, da rieducare.
La prevenzione, il linguaggio, l’educazione sono sfere urgenti da affrontare, se non si vuole fare affogare in altro sangue una battaglia di dignità. Per questo esiste il termine femminicidio: perché la vittima viene uccisa in quanto donna. Non in quanto madre, moglie, sorella, amica: ma come oggetto da possedere, priva di indipendenza e autonomia. E questo non è ancora abbastanza chiaro, se ieri tutta la società piangeva un nuovo fallimento.
“Nel corpo di Sara piangiamo il destino dell’umanità quando essa sceglie la violenza, la morte. Non ci sono parole per consolare il vostro strazio, cari genitori. Siamo in silenzio con voi. E vi doniamo le nostre lacrime….

