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L’ignoranza della politica fa dilagare la tecnocrazia

L’ignoranza della politica fa dilagare la tecnocrazia
parlamento

La qualità della classe politica attuale è più bassa di quella di qualche anno addietro

Non credo che nessuno dei miei amici politici si possa offendere se sostengo che, in linea tendenziale, la qualità della classe politica attuale è più bassa di quella di qualche anno addietro. Questo non significa affatto che i vecchi politici non abbiano commesso degli errori, anzi, ne hanno commessi parecchi, e non significa neanche che i nuovi sbaglino qualunque cosa facciano. Fortunatamente le eccezioni positive ci sono in entrambi i casi e i cittadini farebbero bene ad accorgersene, evitando di fare confusione. Ciò che sostengo, quindi, significa soltanto che la vecchia classe politica, di solito, era il prodotto di una lunga e proficua gavetta, capace di produrre conoscenza ed esperienza, mentre quella nuova, di solito, è piuttosto improvvisata, dunque più incline a praticare soluzioni non del tutto attente.

In una siffatta situazione, a trarre vantaggi non indifferenti sono i burocrati e i tecnocrati super specializzati, sempre pronti a “salvare” i politici impreparati, trovando la soluzione, a loro dire giusta, per gli impreparati dante causa ai quali formalmente fanno riferimento. C’è un problema, però, che abitualmente viene preso poco in considerazione da tutti, a cominciare dai media, anch’essi sempre più nelle mani di passacarte privi di spina dorsale, ma molto dotati di ciò che vi è più giù.

I tecnocrati o simil tali sono bravissimi a dire che davanti ad un semaforo rosso ci si debba fermare, che davanti ad un semaforo verde si possa passare, ma raramente, forse mai, sono capaci di dire cosa sia opportuno fare quando il semaforo è giallo e, contemporaneamente, non si voglia mettere nessuno sotto le ruote, né si voglia arrivare tardi ad un appuntamento. Ecco, la politica non può accontentarsi di sapere che 2 più due fa quattro, che 10 diviso 2 fa cinque e che sottraendo ad una cifra la stessa cifra il risultato è 0, come fanno normalmente i tecnocrati ed i burocrati, al netto degli interessi, leciti o illeciti di natura categoriale o personale, di cui potrebbero essere portatori. La politica deve andare oltre, deve dirci cosa fare in situazioni complesse, in cui gli interessi contrapposti sembrano inconciliabili.

Per arrivare a questo genere di soluzioni complesse, ma non impossibili, non servono le calcolatrici, né l’intelligenza artificiale, ci vuole la sensibilità e la conoscenza delle esigenze e delle aspettative dei cittadini, cioè ci vuole la politica! La competenza politica, vale a dire la competenza nella capacità di saper ascoltare, di saper valutare e di saper decidere cosa sia utile o necessario fare, non si si può acquisire per vita endovenosa, poiché la si deve imparare studiando, ma soprattutto vivendo la società nella quale si intende agire o che si intende rappresentare. Credo che l’improvvisazione, che qualche volta si coniuga anche con la presunzione e con l’arroganza, costituisca uno dei problemi più gravi di questa fase storica.

Si tratta di un problema di non facile soluzione perché la politica non cerca competenza ma obbedienza, non cerca ragionevole e consapevole lealtà, ma acritica e tacita fedeltà, persino davanti a palesi errori di valutazione. Un tale modello allontana sempre di più i cittadini non solo dalla politica, ma anche dalle istituzioni, facendo apparire lo Stato non come un sistema che si compone di territorio, leggi e cittadini, ma come una controparte estranea alla volontà popolare, guidato da una sorta di oligarchia priva di controlli e anche priva di significativo mandato elettorale, a causa della sempre più bassa percentuale di votanti.

Insomma, ci troviamo davanti al cane che si morde la coda, mentre l’opinione pubblica è sostituita dai talk show e dalla stampa “politicamente corretta”, conformista e prona rispetto agli interessi degli inserzionisti pubblicitari, che ormai hanno ben compreso che a decidere non è la politica impreparata, ma la burocrazia tecnocratica e ad essa si rivolgono sempre più frequentemente. Chissà se gli appartenenti alle eccezioni, alle quali si faceva riferimento prima, riusciranno a comprendere che non bisogna perdere tempo, anzi, che bisogna fare in fretta. L’ottimismo è d’obbligo, ma non è detto che sia giustificato.