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Il bell’Antonio

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Il bell’Antonio

Giovanni Pizzo  |
lunedì 21 Marzo 2022

C’è un profondo spirito comune nelle candidature siciliane ai posti apicali. Il narcisismo.

C’è un profondo spirito comune nelle candidature siciliane ai posti apicali. Il narcisismo. È uno spirito trasversale che travalica gli schieramenti, tra diverse sfumature e sensibilità. Chi fonda questa sua superiorità su presunzioni – molto presunte – intellettuali, chi invece la trasfigura in una maggiore potenza psicofisica. È ovviamente uno schema tipicamente maschile, in cui ci si sente membri di una cerchia, ma molto più virili degli altri. Si gioca a chi ha l’ego, se non qualcos’altro, più lungo. Il candidato si guarda allo specchio dei suoi accoliti e si vede forte e “masculo”, capace di aprire la coda pavonesca e beccare i suoi avversari.

Il lavoro assiduo e costante è a nascondere le proprie fragilità ed insicurezze. Nessun dubbio, e verità precostituite gridate ai quattro venti. Ci si deve costruire un’aurea virile, da uomo che non deve chiedere mai, uno sciupafemmine  del consenso. Si deve dare al popolo votante, sempre meno numeroso e sempre più fluttuante, una sensazione di fecondità da uomo del fare, additando gli altri a teatranti della politica.

Questo modus di impostare la propria immagine è fortemente cresciuto in questi tempi sovranisti, di fratellanze e riti da tempi in cui i treni arrivavano puntuali. Voglie di borghi e aratri, sgambate equestri e cronache da un mondo irreale. Vitaliano Brancati ci si sarebbe ritrovato, in un perverso riciclo della Storia. Suo era il bell’Antonio, che tanto maschio sembrava e tanta impotenza invece possedeva. Incedeva per le balate laviche dritto ed inamidato, tra sguardi predatori e parole lapidarie. Spesso questa manifestata virilità nasconde preferenze non confessabili. Più il mondo politico trasuda testosterone più ci rendiamo conto di preferire un concreto e solido matriarcato.

Così è se vi pare.

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