Per guidare un autobus bisogna conoscere il Codice della strada, nonché tutti i meccanismi necessari per essere in condizione di non commettere errori e quindi guai.
Per guidare un’azienda bisogna conoscere il mercato, il gusto dei consumatori, la domanda a livello locale e mondiale; poi sapere gestire le risorse umane e quelle finanziarie, compilare un conto economico equilibrato e mettere sul campo tutte le proprie conoscenze per ottenere risultati positivi.
In genere, quanto precede non solo è prerogativa del mondo imprenditoriale, ma anche di qualunque azienda non produttrice di reddito, come è quella pubblica. Solo che i requisiti prima elencati non sono richiesti a chi va a dirigere branche della Pubblica amministrazione.
Non solo si vìolano principi gestionali, ma anche principi etici perché nessuno può guidare altri senza possedere le necessarie conoscenze, senza avere l’opportuna esperienza. Solo il presuntuoso ritiene di potersi sedere sul cadreghino ed impartire disposizioni a chi eventualmente ne sa di più.
Il capo deve sapere, oppure non è un capo. Il capo deve avere l’intuito personae, cioè deve saper scegliere i collaboratori più capaci, che siano dei problem solver.
Nelle scuole nordeuropee e in quelle americane, oltre a insegnare i contenuti di materie, si insegna il metodo secondo il quale ogni persona deve aguzzare il proprio ingegno per risolvere i problemi.
Nella nostra lunga attività abbiamo sempre escluso dal nostro consesso tutti coloro che venivano a proporre problemi. Non c’è bisogno di questi incapaci. In qualunque luogo lavorativo, pubblico o privato, c’è invece bisogno di chi, visti i problemi, ne prospetti una o più soluzioni.
Se fosse diffusa questa mentalità nel pubblico, come lo è nel privato, tutto il Paese riceverebbe un grosso impulso dinamico perché, anziché lasciare latenti le questioni, soprattutto quelle più difficili, si avvierebbero a soluzione.
Purtroppo questa mentalità non è diffusa e quindi i cittadini sono in mano a inetti e incapaci, anche perché non sanno, non avendo studiato a sufficienza e continuamente.
Ci dovrebbe essere la gara fra chi sa di più e meglio. Da essa sono esclusi gli ignoranti e gli incapaci, cioé coloro che non hanno studiato, che non hanno voluto studiare, adagiandosi sugli allori di uno Stato assistenzialista che li ha premiati per la loro indolenza e voglia di far niente.
È troppo comodo essere pagati, in un modo o nell’altro, per il non far niente. È troppo comodo oziare e vituperare il prossimo, tanto poi ci sono i Governi scialacquatori che distribuiscono miliardi nei confronti di chi potrebbe fare a meno dei relativi assegni studiando, imparando, conoscendo e quindi lavorando.
Bisogna sfatare il mito, come facciamo da decenni, secondo cui non c’è lavoro. Non c’è lavoro per i fannulloni e gli incapaci, ma per chi oggi possiede conoscenze, lavoro ve ne è in abbondanza e ben pagato.
Sono deprecabili coloro che livellano al basso le persone e fanno loro diminuire sempre di più la voglia di fare e di fare bene.
È noto a tutti il decalogo degli scansafatiche che qui non ripetiamo.
Non sempre la gente non lavora perché è incapace, qualche volta è anche malvagia, cioè opera nel male per il male, cercando di distruggere chi opera nel bene per il bene.
E poi vi è una categoria di persone che non è malvagia di per sé, ma che si comporta in modo malvagio, il che non fa molta differenza.
Quando queste persone si trovano ai vertici di una qualunque organizzazione fanno solo danno, anche se celano la loro malvagità dietro un’apparente bonomia. Bisogna diffidare delle persone melliflue che continuano ad utilizzare circonlocuzioni per dire e non dire. è meglio avere a che fare con chi parla in modo diretto e senza fronzoli (no frills), perché le persone così fatte sono quelle che dovrebbero stare ai vertici di qualunque struttura.
Il capo dovrebbe avere anche carisma. Se così fosse, sarebbe stimato e rispettato da tutti i suoi collaboratori, anche se rigoroso, quasi inflessibile.
Capi si diventa e non si nasce, salvo poche eccezioni che confermano la regola.

