La storia del “Capo” è vecchia come il cucco e cioè la credenza che chi è posto ai vertici di una qualunque organizzazione possa e debba comandare a bacchetta tutti coloro che lavorano con lui/lei.
Poi c’è invece chi è dotato di profonda cultura e capisce che chi sta ai vertici deve piuttosto guidare coloro che lavorano con lui/lei, dando per primo l’esempio di onestà, correttezza, competenza e merito.
Chi ha la responsabilità di guidare le risorse umane dovrebbe piuttosto formarle, affinché queste conoscano e applichino le regole che vigono in quell’organizzazione.
In una qualunque forma organizzata vi devono essere regole chiare, nitide, inequivocabili, tali da consentire a ognuno di fare il proprio lavoro con efficienza, in modo da realizzare gli obiettivi che la stessa organizzazione si pone.
È il metodo sancito in questi ultimi cento anni, quando ancora non esisteva la democrazia nel lavoro, quando vi erano dipendenti-dipendenti e le donne non votavano (fino al 1946).
Il Capo deve avere empatia, cioè dev’essere simpatico, e fornire le istruzioni organizzative nel modo più semplice ed elementare, in modo che non vi siano dubbi sulla loro interpretazione. Cosicché, si deve formare un “tutt’uno” secondo una precisa linea di responsabilità, nella quale ognuno risponde per l’incarico ricevuto.
Ovviamente, il Capo predispone il Pos, cioè il Piano organizzativo dei servizi, cui tutti devono attenersi con scrupolo, meticolosità e puntualità, affinché la guida della squadra produca i risultati fissati per obiettivi.
Per fare ciò, è necessario che il Capo possieda anche carisma, che non vessi i suoi collaboratori, che li entusiasmi e che li faccia diventare autonomi e svezzati.
Per tutte le ragioni che abbiamo finora – parzialmente – elencato, è evidente che non è facile fare il Capo. Non si nasce Capo, anche se alcuni ritengono che bisogna essere dotati di carisma come dote naturale. Noi non siamo di questo avviso perché il carisma si forma e si conquista, sol che lo si voglia, con molto olio di gomiti e con sacrifici.
Papa Wojtyla (1920-2005) è stato il primo Papa non italiano eletto dopo 455 anni e il primo Papa polacco nella storia della Chiesa cattolica.
Quando si affacciò, la sera del 16 ottobre 1978, alla loggia di Piazza San Pietro, Giovanni Paolo II improvvisò un discorso in cui inserì la parola “corrigerete”, che è rimasta un caposaldo della sua comunicazione.
Egli era burbero, ma molto umano; ha guidato la Chiesa per 27 anni – fino a quando fu eletto Papa Ratzinger nel 2005 – con polso fermo, divenendo un leader mondiale, perché in qualunque parte del mondo andasse lasciava un segno, compreso il viaggio del 1993 quando andò ad Agrigento, in Sicilia, per lanciare un grido contro la mafia.
Ecco un esempio di un Capo che ha saputo onorare il proprio incarico, anche se poi si può discutere della sua linea politico-religiosa, basata più sulla conservazione che non sul riformismo.
A prescindere da questo, le popolazioni del mondo lo ricordano come esempio di giusta conduzione di un popolo di oltre un miliardo di persone.
Il Capo deve essere umile, deve possedere proprio la forza dell’umiltà, derivata dalla consapevolezza della profonda ignoranza di ognuno di noi, e perciò deve ascoltare tutti i suoi collaboratori affinché costoro possano contribuire al miglioramento dell’organizzazione, la quale, plasticamente, deve intendersi come un’orchestra, nella quale si allocano bravi professori solisti che suonano insieme con una musica armonica, da far godere chi ascolta.
Il Capo-direttore d’orchestra non può transigere su nessuna sbavatura e su nessuna stonatura, perché ha la responsabilità di far suonare magari cento professori come se fossero uno solo. Compito difficile, ma che viene realizzato costantemente.
Guai a chi abbia in mente di usare la ragione della forza piuttosto che la forza della ragione. Buonsenso e polso fermo sono requisiti ineluttabili di chi ha la responabilità di dirigere gli altri.
