Un suggestivo complesso monumentale tra gli scogli del palermitano
TRABIA (PA) – La storia di Trabia è intimamente legata al castello Lanza Branciforte, il simbolo più rappresentativo di tutto il paese. Le prime notizie documentate sull’antica Trabia, piccolo borgo in provincia di Palermo, risalgono al XII secolo e al “Libro di Ruggero”, dove il geografo musulmano Idrisi la descrive come un antico casale nelle vicinanze di Termini, “…sito incantevole, ricco di acque perenni e mulini, con una bella pianura e vasti poderi nei quali si fabbricano vermicelli [spaghetti] in tale quantità da approvvigionare, oltre ai paesi della Calabria, quelli dei territori musulmani e cristiani, dove se ne spediscono consistenti carichi…”.
L’antico casale sorgeva a ridosso di una rupe e dagli Arabi era chiamata “at tarbi’ah” (la quadrata) probabilmente per la forma quadrata del suo castello. All’epoca era già esistente una “Rocca della Trabia”, una torre che nel corso dei secoli subirà varie fasi di ristrutturazioni, trasformandosi in un vero e proprio castello. La costruzione oggi sorge appena fuori dal centro abitato di Trabia, tra gli scogli che si tuffano nel mare e le sue mura inglobano vari corpi edilizi con i prospetti merlati arricchiti da pregevoli elementi architettonici, la torre quadrata, il ficus magnoloides più alto ed antico di Sicilia, la torretta circolare e i resti di un ponte levatoio.
Nel XVI secolo la rocca divenne di proprietà del principe Blasco Lanza di Trabia grazie al matrimonio con Aloisia, unica nipote di quel Bartolomeo che nel 1444 ottenne in enfiteusi le terre di Trabia perché vi esercitasse l’industria delle cannamele, e alla nobile famiglia dei Lanza il castello rimase per molti secoli. Il principe Blasco si occupò della sua ricostruzione e fortificazione, dopo che nel 1517, durante la rivolta contro Ugone Moncada, la fortezza venne data alle fiamme dai ribelli. In un manoscritto del principe Giuseppe Lanza si legge infatti che “[…] Blasco Lanza fortificò maggiormente il castello di Trabia di baluardi all’uso moderno con quantità maggiore di artiglieria e sopra la seconda porta, passata quella del primo ponte levaticcio, pose l’arme dei Lanza, scolpite in un marmo di sei palmi di altezza, fatto più anni prima da quel celebre Gagino palermitano, per lo che rende più illustre il grandioso castello”.
I suoi eredi utilizzarono il castello per la lavorazione del tonno. Un secolo e mezzo dopo, Pietro Lanza principe di Trabia trasformò l’edificio in uno stabilimento e all’industria del tonno aggiunse quella del panno, dei biscotti, dell’olio di nozzolo e della colla. Nel 1835 un altro Pietro Lanza vi ospitò una società filodrammatica.
Oggi il castello è legato al ricordo di Raimondo Lanza di Trabia che dalle sue incantevoli terrazze contemplava il golfo di Termini Imerese. Il principe dell’eccesso tra queste mura accolse tanti personaggi famosi, tra cui Aristotele Onassis e Giuseppe Tomasi di Lampedusa, l’autore del Gattopardo. Don Raimondo si rifugiava spesso nel castello di Trabia, si occupò pure del suo restauro e sua figlia Raimonda sarà, dopo secoli di dominio, l’ultima discendente dei Lanza a trascorrervi le vacanze estive.