Al nostro Giuseppi, Conte esiliato, la Firenze universitaria andrà stretta come una cella.
Da sempre in Italia serpeggia la Revanche degli ex, come la definisce sul Corsera Antonio Polito. C’è sempre questa ansia da ritorno, con guelfi e ghibellini al seguito.
Tutto è sempre ammantato di nobili passioni interrotte come se la politica fosse un coitus. Attenzione è una naturale inclinazione umana, anche il sottoscritto ne è affetto. Anche se dovrebbe essere chiaro che la politica è servizio, e deve essere concepita come arte del possibile più che del volere ambizioso. In alcuni, soprattutto a quelli che si ritengono defraudati da un destino cinico e baro, diventa rivincita e perfino vendetta.
Al nostro Giuseppi, Conte esiliato, la Firenze universitaria
andrà stretta come una cella, per cui ascolta le lusinghe dell’abate Faria
Grillo. Prenditi il movimento, il tesoro del qualunquismo, in un paese di
qualunquisti. Il nostro è preso da sé, si è notato abbondantemente nell’ultimo
anno. Peraltro è abbastanza fomentato da Iago Casalino, che trama e fomenta la
sua gelosia, il cupio dissolvi, del potere.
Tornerà dal suo esilio per rivincita e vendetta del
fedigrafo Matteo da Rignano? La vendetta è un sentimento fortissimo che può
avvelenare il cuore di un uomo. È chiaro, a chi capisce di politica, che il suo
destino da federatore del campo progressista è più velleitario che realistico.
Gli resta da prendere la guida del movimento prima che le stelle non brilli o
più. Dovrebbe però valutare quanto sia avvelenata questa polpetta offerta dal
tirchio comico genovese. Potrebbe a breve trasformarsi da Avvocato del popolo a
capro espiatorio di una base ormai scoppiata, un novello signor Malaussiene
alla Pennac.
Diventerebbe in quel caso l’utile portatore di Croce al
posto di Crimi l’inadeguato, mentre il doroteo Di Maio e il Che Di Battista si
organizzano le proprie truppe. Il movimento è inevitabilmente lanciato verso
una scissione frutto delle fragili basi comuni su cui si era fondato. Il suo dogma
era gli esclusi dal sistema contro gli
inclusi. Ma quando si finisce nel minestrone comune il cardine salta e con esso
tutto il resto. Nascerà un partito di duri e puri intorno a Dibba ed un partito
“moderato”, cosa che farebbe ridere se non fosse tragica, a cui Conte dovrebbe
prestare la leadership. Fino a quando Di Maio non lo spodesterà.
La lectio magistrali di Firenze è piena di richiami ovvi senza pathos e suggestioni. Perfetta per chiunque ma inevitabilmente qualunque. Consiglio l’ascolto del grande Gaber. Lui il Qualunquista, che spesso alberga in noi, lo descrisse magnificamente.
Giovanni Pizzo