Da oggi passiamo al colore delle arance. Anche questo è un colore che ci appartiene. Solo che oggi uccide le sfiancato imprese isolane. La ristorazione dà di che campare ad un esercito di siciliani
Eravamo gialli come i nostri limoni, eravamo. Da oggi passiamo al colore delle arance. Anche questo è un colore che ci appartiene. Solo che oggi uccide le sfiancate imprese isolane. La ristorazione dà di che campare ad un esercito di siciliani.
Non è solo cibo, è cultura, una cultura di tremila anni. È il vero dono che ci hanno lasciato secoli di invasioni e melting pot. Che abbiamo inventato noi, non i newyorchesi.
Abbiamo un indice rt basso, non sfioriamo per nulla il dato di 250 ogni centomila abitanti, che è il simbolo di pericolo.
Non ci sono drammi ospedalieri in corso, e l’Isola si stava dando speranza per raggiungere la sorella Sardegna.
Per riavviare una vita seminormale, un turismo possibile, che potesse salvare da morte certa migliaia di imprese.
Ed invece nulla, il colpo di grazia. I sardi bianchi, noi arancioni. L’insularità non ci dà nemmeno quei vantaggi che ad altre isole riserva.
Ma quello che atterrisce è la rassegnazione. Avete visto la classe dirigente urlare sgomenta il ferimento ulteriore di questa terra?
Solo sparute dichiarazioni di rassegnata amarezza. La verità
è che quest’isola, che prima degli altri si fece repubblica, e conobbe
parlamenti e statuti di libertà ed autonomia, non conta più nulla. Tra breve
potremmo diventare una provincia calabrese o molisana.
Ma dov’è il nostro orgoglio, la nostra fierezza? L’abbiamo venduta come Esaù per un piatto di lenticchie neanche di Pantelleria? Se questi numeri sanitari fossero stati in Veneto o in Lombardia sarebbe venuto giù il cielo. Si sarebbero dimessi ministri.
Ma da noi non è possibile, non ne abbiamo ministri. Non abbiamo neanche la sincerità di ammettere che siamo un popolo che ha perso la battaglia con la storia. Non c’è norma o legge finanziaria che Roma non impugni e stralci. Non siamo autonomi siamo automi. Un gegge senza nemmeno immunità.
La millenaria cultura del cibo, dell’arte culinaria, deve
scomparire. I siciliani dovranno comprare surgelati su Amazon e carne Simmenthal,
le barche dei pescatori dovranno essere messe a secco, i contadini dovranno
essere affamati con pochi spiccioli dati dalla grande distribuzione, perché noi
siciliani non contiamo più nulla. Anche come mafiosi siamo scarsi rispetto a
Ndrangheta e Camorra.
Se un caudillo televisivo come Giletti ci denigra ogni settimana il dato è chiaro. Contiamo quanto il due di coppe con briscola a spade.
Gatto Silvestro