Il laboratorio perduto - QdS

Il laboratorio perduto

Il laboratorio perduto

Giovanni Pizzo  |
giovedì 08 Settembre 2022

La Sicilia era laboratorio di tendenze, oggi si chiamano trend, e flussi elettorali. Ma l’Italia di oggi forse non si vuole fare influenzare da quei caotici e contraddittori siciliani

Non stiamo qui a parlare certamente di Paradisi perduti, o ritrovati come nelle elegie di Milton. Un sondaggio Demopolis, la società di Pietro Vento, sulla Sicilia ci dice che il 40% dei siciliani non sa che il 25 settembre si vota anche per le Regionali.

Questo ci fa capire come il voto anticipato delle Nazionali sia piombato a ciel sereno, visto che è stata una crisi di Governo balneare, e ha confuso le menti già accaldate dei siciliani. Una volta si votava prima in Sicilia e questo voto, poi, influenzava gli esiti delle elezioni nazionali.

La Sicilia era laboratorio di tendenze, oggi si chiamano trend, e flussi elettorali. Ma l’Italia di oggi forse non si vuole fare influenzare da quei caotici e contraddittori siciliani: già è abbastanza influenzata da quei pazzi depressi che stanno a Mosca, ci mancano pure quelli di uno, nessuno e centomila per dare di matto.

Pertanto l’Election Day avrà un peso determinante sulle scelte dei siciliani anche per le regionali con un parziale effetto trascinamento. Perché parziale? Perché qui ci viene in soccorso un altro sondaggio sulle regionali siciliane, questo di Ipsos di Nando Pagnoncelli, pubblicato oggi.

Cosa ci dice questo sondaggio? Che il centrodestra tiene ma non eccelle (il suo candidato si ferma al 28%), che la candidata del PD va oltre la sua coalizione ma si ferma al 22%, che il candidato dei 5 Stelle ha un ottimo 19,5% e che la sorpresa siciliana Cateno De Luca è addirittura secondo al 23,5%.

Un cosa è evidentemente chiara leggendo questi dati: che se invece di fare le primarie PD e 5stelle avessero trovato un candidato comune e non si fossero divisi, avrebbero vinto le Regionali. Che il centrodestra in Sicilia è spaccato per l’ingresso in campo di De Luca e li riduce a un 33% come voto di coalizione.

E questo farà sì che il prossimo Governo dovrà tenere enormemente conto di Cateno perché con il 33% il centrodestra non avrebbe la maggioranza all’Ars. Di fatto De Luca potrebbe già scegliere il prossimo presidente dell’Ars.

È ovvio che sono sondaggi e i siciliani sanno mentire per mestiere, vedi falsi pentiti e dintorni. Però alcuni dati, poi riaggiustati dal peso dei candidati in corsa, sono evidenti.

FdI cresce in Sicilia ma molto meno del dato medio nazionale, c’è la tenuta di Forza Italia nonostante la flessione su un’era geologica lontana come il 2017, che in Sicilia ha la sua roccaforte, come per i 5stelle che sono diventati sempre di più il partito dei poveri e dei diseredati del Sud, e che in Sicilia, capitale del reddito di cittadinanza, resistono alla grande.

Il PD con la scusa del voto utile si è mangiato gli altri cespugli di sinistra desertificando l’area, stesso effetto serra avviene nei partiti moderati locali a rischio scomparsa. Pure la Lega balla pericolosamente sulla soglia di sbarramento, e si salverà solo per il peso elettorale dei suoi portatori di voto moderato.

Azione, che al nord sta andando bene nei ceti produttivi, sembra ad oggi sotto il 5%, e quindi fuori dal Parlamento siciliano.

Se con questi dati la Sicilia fosse stata un test per le politiche della data naturale di Marzo 2023, forse qualche indicazione ai leader nazionali sarebbe arrivata, ma l’Election Day ha di fatto soppresso la capacità siciliana di essere laboratorio della politica italiana. Il Paese non terrà in molto conto, nell’immediato, di ciò che succederà in Sicilia, magari per non farsi fuorviare.

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