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Il libero mercato illiberale

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mercoledì 09 Ottobre 2019

Periodicamente, in linea di massima ogni volta che qualcuno minaccia di togliere o introdurre dazi

Periodicamente, in linea di massima ogni volta che qualcuno minaccia di togliere o introdurre dazi, c’è qualcun altro che sostiene allarmisticamente che senza libero mercato crollerebbero tutte le economie e persino la democrazia sarebbe a rischio.

Di recente, la levata di scudi si è verificata a seguito delle intenzioni protezionistiche manifestate da Donald Trump e dei danni che esse potrebbero provocare ad altri Paesi e al nostro in particolare. Mi chiedo come mai lo stesso allarme non si registri quando, sempre nel “libero mercato”, entrano merci prodotte in Paesi in cui non esiste alcuna forma di welfare, in cui si sfrutta manodopera minorile, in non esiste né l’INPS, né il suo sovraesposto direttore, né la pur sgangherata sanità italiana. È concorrenza leale quella di Cina, India, Corea, Vietnam, Filippine, Messico, Venezuela, Congo, Kenya, ecc. in cui la paga media di un operaio non supera un euro al giorno? Eppure di questo nessuno parla e nessuno si indigna, è forse concorrenza leale quella di chi mette a lavorare bambini di quattro o cinque anni, per dodici e più ore al giorno?

La World Trading Organization ha ancora un senso se al suo interno convivono Paesi di cultura e tradizioni occidentali e Paesi, come quelli citati ed altri, in cui il termine lavoro è sinonimo del termine sfruttamento? Non sono affatto un protezionista e anche io mi iscrivo al partito del libero mercato, solo che per me il libero mercato è quello che libera gli scambi ma vincola i processi produttivi a precise regole, assicurando ai lavoratori condizioni dignitose, assoluta sicurezza e nessuno sfruttamento: né minorile, né femminile. Fin quando questo non accadrà, fin quando le regole non saranno veramente uguali per tutti, coloro i quali tollereranno un mondo di serie A che travolge un mondo di serie B saranno i migliori alleati di chi, a sua volta, tenterà di imporre o eliminare, a suo piacimento, dazi, tasse e balzelli vari sugli scambi commerciali. Intendo dire che la speculazione finanziaria, che alimenta lo sfruttamento e lo colora di biondo o di bruno è sempre e comunque contro l’economia reale che è fatta di braccia, di cervelli, di regole uguali per tutti, non di borse in fibrillazione, né di cambi monetari di comodo.

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