Il «mercante perfetto» che Cotrugli vuole tratteggiare come modello è e deve essere un uomo colto
L’arte di mercatura di Benedetto Cotrugli non è un libro di teologia, come qualcuno ha pur detto, anche se la morale e lo spirito religioso erano molto importanti per Cotrugli come per la grande maggioranza dei mercanti del tempo. E sarebbe da illustrare che L’arte di mercatura non è un libro di cultura classica e umanistica, anche se il «mercante perfetto» che Cotrugli vuole tratteggiare come modello è e deve essere un uomo colto. Come Cotrugli certamente era. Probabilmente Erasmo avrebbe fatto meglio.
Ma Cotrugli era anche un mercante e la sua opera mercantile e, insieme, anche umanistica è, anche per questo, molto particolare. Quindi, forse, possiamo lasciare la problematica di cosa non è L’arte di mercatura per concludere con un commento su cosa è L’arte di mercatura e quale è la sua attualità, naturalmente – non mi stancherò di affermare – esclusivamente dal punto di vista del pensiero d’impresa. E anche questo punto di vista lo restringerò ulteriormente, limitandomi a quei temi di maggiore importanza che si prestano a un collegamento con temi attuali.
Gli obiettivi principali de L’arte de la mercatura sono chiaramente e ripetutamente esposti nel libro. Non è necessario inventare ipotesi stravaganti. Basta leggere con attenzione, rispetto e capacità di ascolto ciò che scrive l’autore: un uomo di grande cultura, di grande esperienza imprenditoriale, di selezionati incarichi pubblici dei quali peraltro diffidava, maestro di Zecca a Napoli dal 1460 al 1468 e poi all’Aquila, e dunque una persona che sapeva il fatto suo, che sapeva cosa scriveva e perché lo scriveva.
Il primo e principale obiettivo dello scritto è quello di illustrare che l’attività della mercatura imprenditoriale è non solo rispettabile e positiva, e quindi lecita, bensì un’attività indispensabile e necessaria.
Cotrugli sa bene che forti correnti culturali provenienti dall’antichità, e che hanno ricevuto non solo conferma ma anche un vigoroso impulso da filoni della Chiesa, collocano l’attività mercantile e imprenditoriale in una posizione molto bassa nella scala valori delle attività umane. In una famosa e fondamentale fonte di diritto quale il Decretum di Graziano (fine xii secolo) l’attività mercantile è definita turpem lucrum; «Turpe lucrum sequitur, qui minus emit, ut plus vendat».
Cotrugli è ben consapevole che da quel tempo molto è cambiato, che i mercanti si sono imposti come fattore di sviluppo e, soprattutto a Firenze, hanno già avuto valenti difensori e cantori, tra i quali Coluccio Salutati (1331-1406) e Poggio Bracciolini (1380-1454), grandi nemici dei monaci predicatori. Tuttavia Cotrugli sa anche che l’ostilità contro i mercanti è profonda, diffusa e fortissima. Basti pensare che il bravissimo e sofisticato Bernardino da Siena (1380-1444), l’«economista», è quasi coetaneo di Cotrugli ed è in piena attività pochi anni prima de L’arte di mercatura. Mentre è bambino, quando Cotrugli scrive il suo libro, il terribile Savonarola (1452-1498), rappresentativo del più aspro e duro contemptus mundi che, con le sue veementi prediche, scuoterà il potere della Repubblica mercantile di Firenze e costringerà i mercanti fiorentini a inviare una lettera al governo della «Signoria», il 18 marzo 1497, nella quale costoro denunciavano «l’estremo pericolo che incombeva su loro (per effetto dell’azione del Savonarola) e, ciò che pareva anche più grave, sui loro denari e le loro robe»29. Pochi mesi dopo l’invio di questa lettera al «Palazzo», il 23 maggio 1498, fu eseguita la sentenza di condanna a morte del frate ferrarese di 46 anni.