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Il Papa che ha anteposto la “Persona” alla religione

Il Papa che ha anteposto la “Persona” alla religione
salma Papa Francesco imagoeconomica

Il lungo addio a Bergoglio: sabato i funerali sul sagrato di San Pietro. Il parroco di Gaza: “Ha pregato e lavorato per la pace fino all’ultimo”

Nel “lungo addio” a Papa Francesco, che culminerà questo sabato con i solenni funerali sul sagrato della Basilica di San Pietro, si compone il ritratto di un pontefice che ha saputo essere molto più di un capo religioso. Jorge Mario Bergoglio è stato una guida morale e civile per l’umanità, un leader globale capace di anteporre la dignità della persona alla struttura religiosa, senza mai rinnegarla, ma riformulandola attraverso l’amore, la compassione e il dialogo. Un Papa “venuto dalla fine del mondo”, isolato perfino dalla sua stessa Chiesa, eppure instancabile nella lotta contro le ingiustizie. La sua è stata una testimonianza di impegno “fino alla fine”.

Al centro della sua azione pastorale e politica l’essere umano

Papa Francesco ha messo al centro della sua azione pastorale e politica l’essere umano, in tutta la sua fragilità. Dalle periferie di Buenos Aires a quelle del mondo, Francesco ha elevato i poveri a protagonisti del discorso cristiano e civile. Ha parlato ai detenuti, agli emarginati, ai migranti, ai dimenticati dalla società e dalla storia. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha riconosciuto in lui “una guida che ha parlato alla politica”, ricordando il suo appello: “State in mezzo agli umili e ai poveri”.

La sua battaglia non è stata mai ideologica, ma fondata su un’etica concreta: una “visione antropocentrica” della cura del creato, come ha ricordato il ministro Gilberto Pichetto Fratin nel giorno della Terra (celebrato proprio ieri), lodando l’enciclica Laudato Si’ per aver “risvegliato la coscienza comune”.

Il filosofo Giacomo Marramao ha definito Francesco “un leader globale” e un pensatore originale, ispirato dalla teologia della liberazione ma mai succube di ideologie. Il Papa argentino ha vissuto sulla propria pelle gli orrori della dittatura militare, sviluppando una spiritualità segnata dalla sofferenza, ma anche una teologia della resistenza. Ha parlato di una “terza guerra mondiale a pezzi”, opponendovi il dialogo come unica arma possibile. In Evangelii Gaudium, suo manifesto spirituale, dichiarava: “Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade”.

Una visione che rompe con le logiche autoreferenziali della Curia e apre la Chiesa a un mondo che cambia. Francesco ha aperto canali di dialogo impensabili con il mondo islamico, con l’ebraismo e con le religioni orientali. Il Dalai Lama, nel ricordarlo, ha detto: “Il miglior omaggio che possiamo rendergli è essere una persona dal cuore d’oro, al servizio degli altri ovunque e in qualsiasi modo possibile’”.

La sua idea di fraternità universale si è nutrita non di dichiarazioni solenni, ma di gesti umili: il pranzo con i poveri a Palermo, l’abbraccio a una bambina immigrata, il bacio a un malato. Come ha sottolineato il cardinale Matteo Zuppi “Papa Francesco ha amato fino alla fine. Si è avvicinato alle persone perché voleva comunicare a tutti l’amore di Dio per l’umanità concreta, così come è, senza filtri, senza ipocrisie, coinvolgendo tutti. C’è tanta sofferenza per la perdita di una persona così cara, e così cara a tutti, che ha saputo unire tanti uomini e donne, anche con sensibilità diverse, che però si sono sentiti vicini – e si sentono vicini – e compresi, proprio per l’attenzione alla persona e a Dio”.

Tra le sue opere, anche il tentativo di riforma della Curia, aprendola ai laici e alle donne, sfidando resistenze profonde e un apparato ancora legato a logiche di potere. L’ambasciatore Pietro Sebastiani ha ricordato come l’Italia sia stata per lui un “laboratorio di giustizia sociale”, dove sperimentare un’idea di Chiesa come “ospedale da campo”. Sebbene, nonostante il coraggio, molte riforme siano rimaste incompiute, la sua testimonianza rimarrà indelebile.

Nel ricordo commosso del parroco di Gaza, padre Gabriel Romanelli, si coglie la portata globale del suo pontificato: “Ha amato la nostra piccola comunità, ha pregato e lavorato per la pace fino all’ultimo”. In quella telefonata, poche ore prima della sua morte, c’era l’essenza di Francesco: un pastore che non ha mai dimenticato nessuno, che ha saputo essere guida non solo per i fedeli, ma per l’uomo nella sua interezza. In un’epoca segnata da muri, polarizzazioni e guerre, Francesco ha incarnato la possibilità del ponte: tra culture, religioni, condizioni sociali.