Leone XIV, Papa Prevost, continua a invocare la pace come fatto necessario per porre fine ad azioni cruente, a uccisioni, a fame, carestia e altre situazioni umanitarie gravissime.
L’intenzione è lodevole e pienamente condivisibile: chi non vorrebbe la pace? Solo i guerrafondai, quelli che dalle armi ottengono enormi profitti, sono contrari a essa. Mai le cosiddette persone comuni e di buona volontà vorrebbero che si facesse uso delle armi, per qualunque circostanza e per qualunque fatto.
Tuttavia, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Tutti sono buoni a parlare, anche a esprimere lodevoli intenzioni, ma pochi sono quelli che si attivano per concretizzare le parole espresse, in questo caso per evitare i disastri provocati dalle guerre.
Oggi se ne contano nel mondo circa una sessantina, fra cui le due più vicine al nostro Paese, cioè quella nel Medio Oriente e l’altra fra Russia e Ucraina.
Una bozza di pace è stata imposta da Trump fra Israele e Hamas. Vedremo se sarà attuata. Finora così non è stato, perché il Governo di Netanyahu continua a bombardare la Striscia di Gaza.
Torniamo ora a Papa Leone. I suoi continui e numerosi appelli restano in superficie perché egli dovrebbe aggiungere, come immaginiamo sappia perfettamente, quali sono gli strumenti per ottenere la pace nel mondo, quali sono gli ostacoli che vanno rimossi, quali gli atti che le persone di buona volontà dovrebbero adoperare e via enumerando.
Da questo si apre uno scenario completamente diverso da quello relativo alle belle e sante parole che, concretamente, non producono alcun risultato.
La verità è che nel mondo vi sono persone ingorde, egoiste, che guardano esclusivamente al proprio interesse e che non hanno la minima cognizione di quanto bisognerebbe fare per diffondere equità fra tutti i viventi. La verità è che a questi egoisti non interessa nulla degli altri, ma interessa accumulare ricchezze e potere e per far ciò devono necessariamente danneggiare gli altri, perché è ben noto come i meccanismi di accumulo di potere e ricchezza avvengono se ad altri i beni in questione vengono sottratti.
Il Papa è, com’è noto, un capo di Stato, né più e né meno che Mattarella o Trump o Macron, anche se di una comunità che a livello mondiale e religioso conta all’incirca un miliardo di componenti. E proprio perché è più capo religioso che politico, dovrebbe spiegare quali sono i principi etici da cui poi potrebbe scaturire la pace. Questi principi si possono condensare in uno solo: il rispetto del prossimo, sotto tutti i punti di vista.
Rispetto che manca in quei comportamenti egoistici dei pochi nei confronti dei tanti. Cosicché avviene un trasferimento di ricchezze e di risorse dai più ai meno.
Quanto precede è dimostrato dalle statistiche di Forbes e di altri centri specializzati, secondo cui la ricchezza del mondo è sempre di più nelle mani di poche persone e la povertà si diffonde con grande velocità. Va però aggiunto che si tratta di povertà relativa, perché comunque le condizioni di vita delle popolazioni nel mondo sono migliorate rispetto a qualche secolo fa.
Il problema riguarda quindi la cosiddetta “redistribuzione della ricchezza”. Tutto questo non avviene, piuttosto si verifica il contrario: la concentrazione in poche mani della ricchezza.
Forse il Papa dovrebbe indicare quali sono gli strumenti redistributivi, fra cui il sistema di imposte e tasse, per cui dovrebbe condannare senza mezzi termini e con chiare parole gli evasori fiscali, che utilizzano tutti i servizi del Paese senza contribuirvi pagando – come dovrebbero – le relative imposte.
E poi le parole del Papa dovrebbero andare contro gli impresari che producono armi, contro quei capi di Stato che antepongono i propri interessi a quelli delle popolazioni e, in genere, contro tutti coloro la cui avidità diventa la prima ragione della propria vita.
Non crediamo che il Papa non sappia tutte queste cose elencate. Anzi, lo riteniamo persona intelligente e colta, a capo dello Stato più ricco del mondo e molto potente. Ci auguriamo che le sue prossime omelie tocchino i punti delicati prima descritti.

