I cosiddetti “benaltristi” sostengono che il Ponte sullo Stretto di Messina sia un lusso superfluo, e propongono di destinare i fondi stanziati per questa straordinaria opera a strade e ferrovie in Sicilia e Calabria, come se le infrastrutture fossero una sorta di gara a somma zero, in quanto le une escluderebbe le altre.
Una simile posizione, priva di elementi e di visione, ignora il fatto che il Ponte integra e completa l’attuale incompleta rete di trasporti del Mezzogiorno, potenziando l’intero sistema-Paese, grazie a collegamenti stradali e ferroviari già inclusi nel progetto e dunque affatto alternativi.
I costi e il progetto infrastrutturale
Con un costo complessivo di circa 13,532 miliardi di euro, di cui 10,508 al contraente generale (9,242 per i lavori e 1,266 per sicurezza e altre misure), l’opera prevede ben quaranta chilometri di nuove arterie che connettono il Ponte alle autostrade A2 in Calabria e alle Messina-Catania e Catania-Palermo in Sicilia.
Per entrare nel merito, l’ultima analisi ufficiale di Unioncamere sul rapporto costi-benefici, su un orizzonte temporale di trent’anni, quantifica per il Ponte un investimento attualizzato di 9.083 milioni a fronte di benefici per 10.931 milioni, con un Vane positivo di 1.848 milioni. La proiezione finanziaria tiene conto del fatto che, già oggi, le automobili che attraversano annualmente lo Stretto sono circa 1,8 milioni, ai quali bisogna aggiungere i circa 400.000 mezzi pesanti.
Impatto economico e occupazionale
È stato calcolato inoltre, che, durante la realizzazione dei cantieri per la costruzione dell’imponente infrastruttura, l’opera genererà un incremento di 23,1 miliardi di Pil e 36.700 posti di lavoro stabili, riducendo tempi di trasporto, costi logistici ed emissioni inquinanti.
La capacità moltiplicativa ipotizzata è imponente: 6.000 veicoli/ora su 6 corsie e 200 treni/giorno su 2 binari, dimezzando i tempi della tratta Roma-Palermo.
Documenti tecnici e sostenibilità
Le cifre proposte non sono ipotesi ottimistiche, ma sono contenute nel Pef (Piano economico finanziario) e nei documenti collegati al Cipess, che certificano come il Ponte amplifichi e integri altre opere già programmate.
A garantire la sostenibilità del Ponte è inoltre un sistema programmato di manutenzione ordinaria da 80 milioni annui e straordinaria da 1,64 miliardi fino al 2060, con ricavi dai pedaggi stimati in 336,4 milioni annui entro il 2062.
Il Ponte è inoltre parte strategica del Corridoio Scandinavo-Mediterraneo delle reti Ten-T, sostenuto dall’Unione Europea.
Aspetti ambientali e sicurezza
Per rispondere agli ambientalisti: il Ponte – con campata di 3.300 metri, torri da 399 e resistenza a eventi tellurici fino a 7,1 della scala Richter – potrà affrontare fenomeni sismici di entità molto superiore a quelli ipotizzati.
Sempre sul fronte ecologico, le previsioni dicono che l’opera ridurrà l’impatto ambientale e la CO2 nell’area dello Stretto, contribuendo a trasformare il Mezzogiorno in un grande punto di transito per le merci delle circa 60.000 navi che oggi attraversano il Canale di Sicilia.
Tariffe e previsione dei flussi
A differenza del resto d’Italia, il transito sullo Stretto ha oggi costi elevati. Le tariffe ipotizzate per il Ponte – 3,93 a 7,14 euro per le auto – sarebbero circa dieci volte inferiori agli attuali costi medi. Più alto il costo per i mezzi pesanti, oggi oltre 45,7 euro.
Le previsioni parlano di 4,5 milioni di veicoli nel 2033, con crescita del traffico merci del 2% annuo fino al 2032.
Un’opera che moltiplica sviluppo
I “benaltristi”, sempre che siano in buona fede, dovrebbero ammettere che il Ponte sarà un moltiplicatore di sviluppo: strade e ferrovie locali sono essenziali, ma senza superare l’“imbuto” dello Stretto resterebbero isolate.
Il progetto include inoltre stazioni intermedie in Sicilia e Calabria, favorendo i transiti interni.
Insomma, spendere “altrove” o per “ben altro” significherebbe rifiutarsi di sciogliere il nodo della continuità territoriale, rinunciando a benefici da miliardi per l’intero Paese.

