Il potere logora chi non ce l’ha - QdS

Il potere logora chi non ce l’ha

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Il potere logora chi non ce l’ha

Giovanni Pizzo  |
martedì 08 Febbraio 2022

La sentenza del tribunale di Napoli evidenzia chi ha capito cosa è la Politica, Luigi Di Maio, e chi voleva fare l’avvocato del Popolo ed ha perso proprio in tribunale

Qua si parla di vincitori e vinti. La sentenza del tribunale di Napoli evidenzia chi ha capito cosa è la Politica, Luigi Di Maio, e chi voleva fare l’avvocato del Popolo ed ha perso proprio in tribunale.

La verità è che Andreotti aveva ragione, Giuseppe Conte senza la carica, piovuta dal cielo, ha perso via via smalto e pochette inamidata. Si è lanciato, in un illusorio ruolo di leader, non avendo mai fatto in vita sua mezz’ora di attività politica. Ha pensato di diventare capo di un movimento scrivendo uno statuto che lo incoronava. Nel frattempo si logorava tra assenza di reti unificate e di telefonate per le nomine più disparate.

L’altro, il suo concorrente interno, lo scugnizzo napoletano Luigi Di Maio, invece il suo potere, dal Ministero degli Esteri, lo ha mantenuto e via via aumentato, studiando da vecchio democristiano e aprendosi relazioni politiche ovunque. Lui ha bruciato l’operazione Belloni, tra l’altro lodandola, come facevano gli astuti dorotei, favorendo l’operazione Mattarella bis. Ieri, con un tempismo perfetto, si era dimesso da un comitato di garanzia oggi dismesso per via giudiziaria. Di fatto lui ha fatto una mossa politica, separando il suo destino da un organismo inutile, mentre Conte lo voleva linciare per via digitale. Conte ha visto il suo ruolo politico come se fosse una realtà virtuale, una bolla mediatica, consigliato dal grande fratello Rocco Casalino, attorniato dalle sue bimbe, tra poco vedove.

Voleva fare una pelliccia della volpe di Pomigliano D’Arco, come Craxi con Andreotti, ma, come il divo Giulio, l’ex scugnizzo ha imparato il segreto della politica. La politica è sangue e merda. E mentre il giovane Luigi ce l’ha nel sangue l’avvocato è finito nella seconda.

Se Conte avesse avuto istinto politico si sarebbe fatto un suo partito personale all’indomani della sua defenestrazione, quando godeva di un forte consenso pompato dal suo ruolo pandemico da DPCM. Invece tradito dalla sua esperienza leguleia ha tentato un’opa ostile sul movimento di Grillo, ormai indebolito dal neurone suicida e dalle inchieste, pensando in un secondo tempo di fare fuori l’ex capo politico che lo aveva portato alla Presidenza del Consiglio, quattro anni fa, quando era un illustre sconosciuto. Ma chi di spada legale ferisce di spada giudiziaria perisce.

Non so se a Berlino c’è un giudice, ma a Napoli qualcuno lo ha trovato.

Così è se vi pare.

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