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Il quieto vivere è un reato etico

Indifferenza, egoismo e menefreghismo sono qualità negative molto diffuse, perché sempre di più ognuno si rattrappisce sui propri bisogni ignorando quelli degli altri.
Il peggio è che si diffonde nell’opinione pubblica la regola del quieto vivere: cioè il a me cosa importa degli altri?
Questi comportamenti, deprecabili, non sono contrastati da quella parte della popolazione che, al di là dell’etichetta di ben pensante, dovrebbe occuparsi della diffusione dei sani principi di equità sociale, di civismo e di rispetto fra le persone.
Qualche volta accade che occuparsi dei fatti altrui possa sembrare una sorta di invadenza. Ma non è così. Se i fatti altrui sono di carattere privato nessuno deve entrarci dentro, ma se riguardano comportamenti che interessano la collettività, allora ognuno di noi ha non solo il diritto di partecipare ma anche quello di criticare, ovviamente proponendo soluzioni.

Il quieto vivere non è un comportamento civile bensì settario. Se esso si moltiplicasse e diventasse comune a tutti i cittadini si verificherebbe una situazione anacronistica, secondo la quale in una Comunità vi sarebbe la somma di interessi individuali e scomparirebbe invece quell’interesse collettivo che la deve tenere unita, consapevole che esso deve primeggiare su quello privato.
Sono questioni che ripetiamo spesso nell’analisi dei comportamenti della società civile, ma non possiamo farne a meno per la semplice ragione che è proprio su questi meccanismi a monte degli altri che bisogna intervenire spiegando, illustrando, portando esempi, in modo da indurre le persone a rendersi conto della realtà senza inutili formalismi.
Quanto precede non è semplice ma bisogna farlo con ottimismo e positività che ci devono indurre a sapere che due più due, magari tardi, fa sempre quattro, e che la verità nel tempo vince sempre, anche se costa fatica.
L’ottimismo non deve essere quello dell’impiccato che guarda il boia insaponare la corda, ma un comportamento concreto che costruisca giorno dopo giorno il futuro. Non una parola vuota, ma una prospettiva cui tutte le persone debbono puntare.
In questo quadro bisogna ricordare che la verità, il diritto, il dovere e la ragione stanno sempre dalla stessa parte, anche se contrastati da chi spinge per annullarli dietro parole vuote e comportamenti scorretti.
Comportarsi con buonsenso, forza d’animo e capacità consente di conquistare la libertà che è “il bene supremo e l’interesse ultimo di ogni individuo” (Alexis De Tocqueville, 1805-1859).
Ma per percorrere questa strada occorre debellare indifferenza e apatia che sono requisiti negativi e certamente non idonei a raggiungere obiettivi di interesse generale. Perciò ci vuole una classe dirigente colta che parli e spieghi agli altri cittadini fatti e percorsi, in modo da toccare la loro mente e il loro cuore e non la pancia che fa commettere errori.
Vincere l’apatia e ribaltare l’egoismo sono due comportamenti essenziali, ricordati anche nel Contrat Social di Jean-Jacques Rousseau (1712-1778).

I buoni comportamenti, che non sono certo il quieto vivere, assicurano prosperità e benessere della Comunità, la quale deve avere una coscienza viva, mai addormentata e silente, in modo da consentire a tutti i suoi componenti di misurarsi ad armi pari ed ottenere quei risultati di interesse generale.
Il quieto vivere è un modo di comportarsi anche frutto di ignoranza, la quale nutre altra ignoranza e appaga chi la possiede perché consente di badare solo ai fatti propri e non a quelli di tutti gli altri.
Se ognuno, lavorando, si divertisse potrebbe raggiungere due risultati: ottenere la libertà dai bisogni e, appunto, divertirsi. Un umorista diceva: “Lavoro divertendomi e perfino mi pagano”.
Sappiamo che questa non è una condizione diffusa perché molti prendono il lavoro come un castigo di Dio e quindi vivono male sia quando lo svolgono che nel periodo di riposo perché pensano a quando dovranno tornarci.
Anche il sacrificio va visto con positività se si capisce che esso è orientato a raggiungere un buon risultato.
Vivere vivacemente, non nella tranquillità. Ne avremo tanta dopo la cessazione del corpo.