Il rock dei Frijda in attesa di tornare live sul palco - QdS

Il rock dei Frijda in attesa di tornare live sul palco

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Il rock dei Frijda in attesa di tornare live sul palco

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martedì 16 Marzo 2021

Un rock che ha le sue fonti di ispirazione nelle band storiche statunitensi e britanniche. Intanto il 12 febbraio è uscito il loro nuovo singolo, intitolato Ruggine.

I Frijda sono una band composta da Giancarlo Sciacca alias Thor alla voce, Gaetano Giuttari alle chitarre, Adrian Rus alle tastiere, Domenico Cottone al basso ed Edoardo Bonanno alla batteria.

Il genere che si professano di suonare è il “Rock”, un rock che ha le sue fonti di ispirazione nelle band storiche statunitensi e britanniche che hanno colpito la loro adolescenza, adattato all’evolversi del tempo e alle concezioni musicali dei nostri giorni e del nostro paese.

Sin da subito la Band
ha iniziato un percorso live molto intenso tra locali, piazze e concorsi
ottenendo sempre un grande consenso grazie al sound accattivante e al carisma
del proprio leader. Hanno molte collaborazioni all’attivo: hanno aperto i
concerti di Mario Venuti, Le Vibrazioni e Lucio Dalla.

Attualmente la Band
sta collaborando con l’etichetta OnTheSet di Luca Venturi, famoso produttore
discografico. I singoli finora pubblicati sono: “Mentre muori di piacere”, “Lo
dedico a te”, e “Ruggine”.

In attesa di ascoltare il nuovo album, la cui uscita è prevista entro la fine del 2021, abbiamo intervistato Giancarlo Sciacca, leader della band, che ci ha raccontato chi sono i Frijda.

Da diciotto anni i
Frijda sono una band siciliana e stimata, ma com’è cominciato tutto?

“Questa favolosa avventura ebbe inizio nel lontano 1999.

Facevamo cover, come
la maggior parte delle formazioni giovanili, ma a me stava tutto stretto:
scrivevo da tempo poesie e avevo voglia di far uscire la parte che, forse per
timidezza, non riuscivo a far emergere.

Così, nel lontano
2003, iniziai a far suonare le mie canzoni ai miei compagni d’avventura e prese
vita, ufficialmente, quello che, tuttora, è il nostro progetto.

Abbiamo arrangiato i
primi brani, avviato un’intensa attività live che ci ha portato in giro per
l’Italia e non siamo più riusciti a smettere.

La musica è una brutta droga: non ne puoi uscire facilmente. Sono felice di esserne totalmente dipendente”.

Si dice che un nome
un destino. Perché avete scelto di chiamarvi Frijda?

“La motivazione è abbastanza chiara: è un omaggio alla pittrice messicana Frida Kahlo.

Ho avuto la fortuna
di poterla studiare durante il mio percorso universitario e me ne innamorai
subito. Una grandissima donna.

Amo quegli artisti
che hanno qualcosa da dire, che sanno manifestare il proprio malessere senza
vergogna; perché l’arte deve essere sincera, altrimenti è un prodotto senza
anima.

Inizialmente, il nostro nome era “Frida”; poi, qualche anno fa, decidemmo di aggiungere la “j” in seguito ad una rifondazione totale del gruppo per evidenziare, simbolicamente, il cambiamento avvenuto”.

Nella vostra carriera
musicale, tante collaborazioni e momenti fondamentali. C’è qualche aneddoto che
ricordate ancora con emozione o con orgoglio?

“Siamo stati abbastanza fortunati nel poter condividere il palco con diversi artisti di livello; non capita a tutti.

Abbiamo aperto
concerti a Le Vibrazioni,  a Franco
Battiato, ad Alex Britti, a Mario Venuti e ricevuto tanti riconoscimenti e
complimenti, ma mai dimenticheremo l’incontro a Piazza Armerina con Lucio
Dalla.

Era il 2007, mi
contattò, telefonandomi a casa, l’On. Vittorio Sgarbi (rispose mia sorella e,
pensando fosse uno scherzo, riaggancio il telefono in malo modo), che allora,
essendo l’Alto Commissario per la Villa Romana del Casale, stava organizzando
un concerto per attirare l’attenzione politica sulle meraviglie siciliane da
preservare.

Il primo contatto con
Dalla avvenne telefonicamente e servì per coordinarci sui tempi a nostra
disposizione e lui, con estrema gentilezza, mi disse che avremmo dovuto “darci
del tu” e con queste testuali parole: “Il concerto è vostro, quando vi
stancherete, salirò io!”, mi diede appuntamento per stringerci la manco poco
prima dell’inizio del live.

Di presenza, confermò quanto detto, ma noi, per rispetto, non andammo oltre i due brani.  Fu giusto così, ma questo suo atteggiamento mi servì da grande insegnamento”.

I Frijda vivono
soprattutto di live che sono stati annullati a causa della pandemia. Come avete
vissuto questo periodo, musicalmente parlando? In cosa la pandemia ha influito
sul modo di fare musica dei Frijda?

“Noi, come band, abbiamo subìto un danno economico notevole, ma la cosa che ci fa soffrire maggiormente è l’impossibilità a stare “su palco”.

Così, giorno 12
febbraio, in accordo con il nostro produttore Luca Venturi, abbiamo deciso di
pubblicare un nuovo singolo, “Ruggine”, per dire la nostra su questo periodo
surreale.

In realtà, il brano
lo scrissi circa 10 anni fa per parlare di un periodo estremamente brutto della
mia vita, in cui ho visto crollare tanti punti fermi.

Ho scelto il titolo “Ruggine”
perché ho sempre considerato la ruggine come qualcosa che scava dentro in
maniera subdola, senza lasciare per forza segni visibili all’esterno; e, come
ferro, che prova a resistere alle intemperie dell’esistenza, l’uomo si
ritroverà indebolito dalla ruggine che ne corroderà l’anima, destinandolo,
all’interno della lotta per la sopravvivenza, per la quale è stato creato, al
ruolo di chi dovrà, semplicemente, perdere.

Abbiamo deciso di “tirarlo fuori dal cassetto” e dedicarlo alla nostra terra  e pubblicarlo con lo scopo di generare una reazione alla vita e alla voglia di non mollare mai”.

All’attivo avete tre
singoli usciti dal 2018 in poi ossia “Mentre muori di piacere”, “Lo dedico a
te” e “Ruggine”. Ci raccontate il lavoro fatto sui testi e sugli arrangiamenti?

“Ogni nostra canzone, pubblicata o non ancora, deve avere delle caratteristiche ben precise; prima fra tutte, la sincerità.

Solitamente, scrivo
io sia testi che musiche, e poi insieme costruiamo la canzone in base alla
sensazione del momento di ogni elemento; anche quando il brano venga scritto da
qualche altro elemento della band o da qualche autore esterno, cerco sempre di
avere carta bianca sui testi per quel concetto di sincerità di cui ti parlavo poco
fa.

Nel caso dei brani da
te citati, c’è stato un lavoro molto articolato e ogni brano ha subito diversi
arrangiamenti prima di trovare il “vestito” definitivo.

Componente
fondamentale è la collaborazione con il grandissimo Carlo Longo, La sua estrema
competenza musicale, legata alla sua sensibilità artistica, riesce sempre a
trovare quel dettaglio capace di rendere ogni brano unico. Sicuramente, il
lavoro finora più entusiasmante è stato “Ruggine”. Testo in siciliano,
riferimento letterario sicilianissimo, mancava soltanto dare spazio ai suoni
della nostra tradizione: ecco che, provvidenzialmente, appaiono sulla nostra
strada i ragazzi della Piccola Orchestra Jacarànda, un gran bel
progetto-scuola, nato per tutelare il nostro patrimonio musicale, sempre più a
rischio.

Abbiamo trovato anche
il modo di inserire una figura tipica, quale quella del “cuntastorie”, ruolo
naturale per il grande Melo Zuccaro, che ha dato quel tocco in più, rendendo
tutto veramente siculo.

Un ringraziamento particolare devo farlo a chi ha reso possibile questo incontro musicale, vale a dire Luca Recupero e le Associazioni AME e MoMu”.

Molta attenzione
riponete sui video musicali, ambientati nella zona ionica etnea. Secondo voi
quali sono le cose in comune tra la vostra musica e le location scelte per i
video?

“Siamo siciliani, catanesi e amiamo far vedere al resto del mondo lo splendore che ci circonda.

Abbiamo girato un
videoclip sull’Etna (“La giostra dei piaceri”); uno tra la zona del porto e il
quartiere San Berillo (“Mentre muori di piacere”); per concludere con il video
girato ad Aci Trezza, città dei Malavoglia (“Ruggine”).

Solo nel video di “Lo dedico a te”, abbiamo scelto un posto in maniera molto precisa. Trattandosi di un brano dedicato alla musa della Musica, Euterpe, ed essendo una sorta di “preghiera”, nella quale cerchiamo il contatto con chi dovrebbe darci tante risposte, dopo quasi 20 anni di vita “on stage”, non potevamo scegliere posto migliore del mitico locale “Waxy o’Connor’s”: il tempio della musica live catanese, che ci ha visti crescere musicalmente. Eppure, ti dico che abbiamo “tradito” la nostra terra per girare un videoclip a Milano e che in progetto ci sono alcuni videoclip anche in Europa, ma ne parleremo a tempo debito”.

Le origini siciliane
influenzano sulla vostra musica? E se sì, in che modo?

“Almeno musicalmente parlando, non credo che le nostre origini abbiano influenzato granché il nostro modo di fare musica.

Ogni elemento della band ha un proprio background, spesso composto da ascolti affini al genere che professiamo di suonare; quindi si parla, in linea di massima, di band inglesi, statunitensi e qualche band rock italiana”.

Entro il 2021 rilascerete il vostro album. Potete svelarci qualcosa in anteprima?

“Con l’avvento della pandemia, nonostante fosse tutto pronto, siamo stati costretti a bloccar tutto. Le uniche notizie “tecniche” che posso dare sono queste: dovrebbe contenere 12 tracce e dovrebbe uscire in estate; c’è gran parte della nostra storia, quindi siamo impazienti di poterlo condividere con chi ci segue. Con il nostro produttore Luca Venturi e con il nostro ufficio stampa, Rec Media, abbiamo già iniziato a pianificare i vari step, per fare in modo che tutto sia curato nei dettagli. In fondo, sono quelli a fare sempre la differenza. Non ti nascondo che già abbiamo iniziato a lavorare sulle tracce del secondo album”.

Sandy Sciuto

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