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Il Senato approva all’unanimità il Ddl femminicidio: riconosciuto reato autonomo, punito con l’ergastolo

Il Senato approva all’unanimità il Ddl femminicidio: riconosciuto reato autonomo, punito con l’ergastolo
L’aula del Senato della Repubblica, foto da Imagoeconomica

Pene più restrittive, sostegno ai figli minori delle vittime e l’impegno alla prevenzione: ecco alcuni punti chiave

ROMA – Circa centocinquanta donne morte ammazzate ogni anno. Una media di una vittima ogni due giorni. Il femminicidio è l’apice del disastro della disparità di genere e, soprattuto, della presunzione di un potere incondizionato da parte dell’uomo sulla vita o la morte di una persona che ha la “colpa” di essere donna e, in quanto tale, merita una punizione.

Ma non abituarsi mai, non normalizzare, serve. Anzi, è necessario. Il Senato nei giorni scorsi ha approvato il Disegno di legge sul femminicidio che può tracciare un nuovo corso: il femminicidio entra nel Codice penale come reato autonomo, ovvero con una propria fattispecie e va punito con la pena massima: l’ergastolo. Adesso è atteso il passaggio finale alla Camera.

Reato femminicidio, su 161 presenti in Aula, hanno votato sì 161 senatori

Su 161 presenti in Aula, hanno votato sì 161 senatori: una votazione all’unanimità che è valsa uno scrosciante applauso di dignità di cui difficilmente ci dimenticheremo. Dietro di esso il risultato della lotta all’indifferenza e il volto di tutte le vittime che avrebbero dovuto salvarsi. Il risultato di una lotta, quella contro la violenza maschile sulle donne, che è fatta di rabbia, nausea, paura ma anche di informazione, solidarietà e tenacia. E ogni passo in più verso la giustizia di genere, è una grande e doverosa conquista.

Nella norma approvata si aggiunge il nuovo articolo 577-bis al Codice penale che introduce ufficialmente il reato di femminicidio come reato a sè stante. La legge ha in seno, infatti, una fattispecie specifica di omicidio, “volta a sanzionare con l’ergastolo chiunque cagioni la morte di una donna, commettendo il fatto con atti di discriminazione o di odio verso la vittima in quanto donna, ovvero quando il reato è volto a reprimere l’esercizio dei diritti, delle libertà e della personalità della donna”.

Viene introdotta una misura di sostegno al “futuro”

Ma c’è anche dell’altro. Viene introdotta una misura di sostegno al “futuro”, ovvero gli aiuti agli orfani di femminicidio. La legge, infatti, stanzierebbe per loro dieci milioni di euro. Inoltre, si raggiunge un importante riconoscimento per la tutela dei figli di donne vittime di violenza: gli aiuti varranno per tutti i minori privati della madre, se uccisa in quanto donna, anche se l’omicida non aveva un legame affettivo con lei, né al momento dell’uccisione né prima. Non solo, questa misura di sostegno viene applicata anche per i figli delle survivors, cioè quelle donne sopravvissute a tentativi di femminicidio, ma rimaste gravemente compromesse tanto da non poter più prendersi cura dei figli.

“Il testo del Ddl femminicidio – ha commentato Giorgia D’Errico, direttrice Relazioni istituzionali di Save the Children – include importanti miglioramenti per gli orfani di femminicidio. è un passo avanti nella tutela dei minori. È fondamentale continuare a guardare alla violenza contro le donne anche dal punto di vista delle figlie e dei figli, colpiti direttamente da quanto le loro madri subiscono e a cui essi stessi spesso assistono. Constatiamo positivamente che le proposte approvate, frutto di un lavoro sinergico tra maggioranza e opposizione, si muovono nella direzione da noi auspicata, come evidenziato nella nostra memoria presentata in Commissione. Tra queste valutiamo positivamente anche la possibilità per le vittime minorenni di violenza a partire dai 14 anni di accedere ai Centri antiviolenza per ricevere informazioni e orientamento, senza necessità di una preventiva autorizzazione da parte dei genitori”.

Una parte del disegno di legge, infatti, è immaginata per agevolare le minori vittime di violenza domestica il cui aguzzino è proprio un adulto della famiglia. Per snellire e rendere più sicuro l’iter per ottenere informazioni e rifugio nei casi di violenza, le vittime che hanno compiuto quattordici anni possono accedere ai centri antiviolenza senza necessaria e preventiva autorizzazione dei genitori o dei delgati alla responsabilità genitoriale per poter accedere ai servizi dei centri antiviolenza.

Anche inasprimento delle misure

Sostegno, ma anche inasprimento delle misure. Il Ddl, infatti, prevede l’esclusione, per le intercettazioni, del limite di 45 giorni in relazione ai reati del “Codice Rosso”, cioè i reati di violenza contro le donne, permettendo così proroghe più ampie e flessibili per le indagini.

Cambiano le cose anche per i benefici penitenziari del colpevole e per la comunicazione alle vittime della situazione cautelare dell’aguzzino. I benefici saranno subordinati, infatti, alla valutazione giudiziale dei risultati ottenuti dall’osservazione scientifica della personalità del detenuto o internato, condotta per almeno un anno. La disposizione introduce, inoltre, l’obbligo di dare immediata comunicazione alla persona offesa dei provvedimenti applicativi di misure alternative alla detenzione e di altri benefici che comportano l’uscita del condannato dall’istituto penitenziario. Obbligo di comunicazione anche nei confronti dei prossimi congiunti della persona offesa deceduta in conseguenza del reato di femminicidio o di omicidio aggravato. È stata prevista, inoltre, una riduzione della durata massima dei permessi premio per il femminicida. In aggiunta, viene predisposto maggiore sostegno giudiziario alle donne offese: si estende infatti l’ammissione al gratutito patrocinio (in deroga ai limiti di reddito) anche alle persone offese dai reati di tentato omicidio aggravato ai sensi dell’articolo 577 Codice penale e di tentato femminicidio.

Importante lavorare anche sulla prevenzione

Il testo, infine, presenta una impalcatura avanzata anche sul piano delle prevenzione, della sensibilizzazione e dell’impegno dello Stato sul fronte del contrasto alla violenza di genere. Il ddl prevede, infatti, la promozione di campagne e di iniziative formative e didattiche in merito alla pericolosità dell’utilizzo di sostanze stupefacenti, psicotrope o comunque atte ad alterare la coscienza, al fine di prevenire e contrastare aggressioni di tipo sessuale; prevede un potenziamento delle iniziative formative per i magistrati e in ambito sanitario in materia di violenza contro le donne e violenza domestica. Grazie a questo ddl, poi, viene previsto l’obbligo dell’annuale presentazione alle Camere di una relazione del ministro della Giustizia sullo stato di applicazione delle norme in materia di femminicidio e di contrasto alla violenza nei confronti delle donne, entro il 30 giugno di ogni anno.

“È importante lavorare sulla prevenzione della violenza contro le donne e le ragazze – ha continuato D’Errico -, che riguarda anche sempre più giovani e adolescenti, come mostrano diversi episodi di cronaca recente, e occorre prima di tutto agire con azioni di informazione, sensibilizzazione e formazione, sin dalle generazioni più giovani. Per diffondere una cultura del rispetto e del consenso e agire precocemente sugli stereotipi che sono alla base della violenza, Save the Children chiede l’introduzione di percorsi obbligatori di educazione all’affettività e alla sessualità a scuola, delineati tenendo conto dell’età dei beneficiari e in linea con le linee guida Unesco sulla comprehensive sexuality education e gli standard dell’organizzazione mondiale della sanità”.

Pene più dure e sostegno alle vittime

Pene più dure e sostegno alle vittime sono pezzi fondamentali del puzzle. Ma senza un lavoro culturale, che insista sin dalle giovanissime generazioni a partire dalle scuole, è certo che qualsiasi strumento legislativo sarebbe monco. Il ruolo della giustizia (e dello Stato) in questa battaglia deve accompagnare uomini e donne nella presa di consapevolezza dell’obiettivo princiapale, che è un dovero civico: la parità di genere e il rifiuto della violenza in qualsiasi relazione interpersonale. Ora la decisione passa alla Camera per l’approvazione definitiva.