Il sistema delle regole: costruire, no criticare - QdS

Il sistema delle regole: costruire, no criticare

Carlo Alberto Tregua

Il sistema delle regole: costruire, no criticare

venerdì 17 Gennaio 2020

La prima cosa che fanno le persone, non certo colte, è criticare. Non sanno che prima di iniziare a parlare bisognerebbe informarsi, studiare e leggere per capire, mentre parlare a vanvera è conseguenza di ignoranza derivante dalla cattiva volontà.
Il dovere di ogni persona umana è quello di rendersi conto di ciò che esiste concretamente, tentando di spiegarsi i meccanismi dei fatti che si verificano e mettendosi nelle condizioni di affrontare i problemi e le avversità che via via si incontrano cercandovi idonee soluzioni.
Per sfortuna, la maggioranza delle persone non si trova in quest’ordine di idee, perché da un canto non è in condizione di affrontare i problemi e risolverli, e dall’altro ritiene che ci debbano pensare gli altri.
Se la cultura fosse diffusa, e con questo obiettivo dovrebbero muoversi molte associazioni di servizio, probabilmente le persone cambierebbero mentalità, diventerebbero positive e le lamentazioni di rito diminuirebbero molto.

Dunque, abbasso la critica e viva il costruire e il procedere in senso positivo. Nelle riunioni di tipo politico o di tipo aziendale si sentono le varie voci di componenti che propongono problemi. Tali voci dovrebbero essere stroncate sul nascere da chi dirige le riunioni perché denotano un modo di pensare negativo e non idoneo ad affrontare le questioni in senso risolutivo.
Chi gestisce riunioni pubbliche o private dovrebbe immediatamente anticipare che nessuno ponga un problema ma, atteso che esso vi sia, proponga la soluzione. Un’inversione del funzionamento delle persone che darebbe un forte impulso alla crescita degli enti, pubblici o privati e delle associazioni di servizio, che quelle persone hanno l’incarico di far funzionare.
Costruire e non criticare dovrebbe essere il motto messo in atto continuamente da tutte le persone in gamba, quelle che non si lamentano ma che guardano avanti con fiducia, che confidano nelle loro capacità e che ritengono che nessun problema sia irrisolvibile.
Nessuno speri e basta. La vera speranza risiede nelle opere che si fanno, non nelle vuote parole che inutili bocche emettono. Quanto precede è frutto di ignoranza.
Un umorista si chiede: Su Facebook ci sono tanti scemi? Risposta: No, molti di più. Ciò non è vero in senso generale, bensì rileva una caratteristica che i media sociali hanno diffuso. La conseguenza di una situazione civile e sociale difficile da gestire è il veder nero nel presente e nel futuro: certe volte a ragione, altre a torto.
Gli italiani prima erano pessimisti, poi hanno capito che è tutto vero. Questo perché non sono stati capaci di farsi rappresentare adeguatamente da coloro che hanno la responsabilità di gestire la Cosa pubblica.
Certo, di saggezza in giro ve ne è poca perché, sosteneva Leonardo Da Vinci (1452–1519), La saggezza è frutto dell’esperienza. Ovviamente quando l’esperienza si mette a profitto e non si lascia superare dalla superficialità e dal pressapochismo.
Que sais-je? Sosteneva Michel de Montaigne (1533–1592). Che so? Dovrebbe chiederselo ognuno di noi e probabilmente rispondersi come Socrate: Io so di non sapere. Il punto è tutto qua.

Quanto scriviamo dovrebbe trovarsi nel sistema delle regole che governano una Comunità. Quelle regole che sono scritte spesso male o in modo non chiaro, con la conseguenza che la loro interpretazione crea confusione e non la nitidezza necessaria per la soluzione delle questioni controverse.
Nel nostro Paese vi è la Legge Costituzionale, sovraordinata alle leggi ordinarie e a un altro insieme di norme sottostanti. La Carta Costituzione indica le grandi direttrici, le leggi ordinarie la loro applicazione.
Un popolo dovrebbe cercare di capire le leggi e, ripetiamo, quel sistema delle regole che esso rappresenta. Solo che per ottenere questo risultato occorrerebbe che leggesse tanti, tanti e tanti libri.
Questi infatti sono magnifici strumenti di navigazione nel mare della conoscenza, che è sempre inesplorata in quanto ciascuno di noi non dedica al suo sviluppo il tempo necessario.
Noi usiamo poco la nostra mente, la cui azione è il principale fondamento del piacere (David Hume, 1711– 1776). Ecco, usarla molto e non parzialmente può essere il mezzo per diventare costruttivi e accantonare inutili critiche.

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