Se la Sicilia è penultima per Pil prodotto, tra le prime Regioni d’Italia per disoccupazione, tra le ultime per presenze turistiche in rapporto alla superficie e al numero di abitanti; se non spende le enormi risorse finanziarie del Pnrr, del Piano operativo 2021-2027, dei Fondi di sviluppo e coesione: se tutto questo accade (una triste realtà), la causa è evidente. La classe dirigente, istituzionale e amministrativa, non è all’altezza di guidare un Popolo di 4,9 milioni di persone, che ha una lunga tradizione storica e culturale. Non è una responsabilità del singolo, per esempio del presidente della Regione o del presidente dell’Ars, ma di tutta la classe istituzionale e dirigente dei decenni trascorsi e dell’era che stiamo attraversando.
I fatti che sono accaduti in queste ultime settimane e che hanno coinvolto l’ex presidente della Regione ed ex segretario della Dc nazionale, Salvatore Cuffaro, per le porcherie quantificate dall’accusa nella sanità e in altri settori, calpestano l’orgoglio e la dignità di siciliane e siciliani.
Per la verità, i siciliani non dimostrano molto orgoglio e neanche tanta dignità, perché se ne avessero non manderebbero a dirigere la Regione, nei diversi gangli, persone che poi non dimostrano di essere all’altezza delle loro responsabilità.
I presidenti della Regione, da Cuffaro a Lombardo, da Crocetta a Musumeci, e ora Schifani, si sono dimostrati impotenti di fronte all’impellente necessità di fare crescere la Sicilia in tutti i settori che abbiamo elencato prima.
Dunque, ripetiamo, non è una questione del singolo, ma di un sistema bacato che a suo tempo elesse Vito Ciancimino sindaco di Palermo e che ora inquina tutti i versanti pubblici, stendendo una sorta di rete che stringe la libera concorrenza e consegue appalti pilotati ad amici e amici degli amici.
Insomma, l’asfissia economica conseguente ai favoritismi istituzionali impedisce al Popolo siciliano di avere quel ruolo e anche quel minimo di tranquillità economica che dovrebbe avere. In tutte le attività produttive e istituzionali impera il favore: se non sei amico di questo o di quello, non vai avanti e non occupi posti di responsabilità.
Elencare le malefatte e persino individuarle è piuttosto difficile, ma quando si vede retrocedere giorno dopo giorno la qualità della vita di siciliane e siciliani, quando non risulta evidente il necessario cambiamento del modo di funzionare delle istituzioni, quando si assiste a quel fenomeno unico in Italia secondo il quale ci vogliono oltre dieci anni per riparare un’autostrada, come quella fra Palermo e Catania; quando si accerta che la superstrada Palermo-Agrigento resta incompleta per altrettanti anni; quando si ha questa precisa situazione, si pensa a tutti coloro che hanno governato la Sicilia dalla prima posizione, che è quella di presidente, a tutte le altre subordinate e si rimane profondamente delusi dallo stato dei fatti.
La conseguenza è che i giovani se ne vanno, depauperando la cultura e le capacità tecniche di cui abbisogna l’Isola. E se ne vanno anche i malati, che preferiscono farsi curare nelle regioni del Nord ove vi è una sanità efficiente.
Ricordiamo che solo nel 2024 lo sbilancio fra entrate e uscite per sanità della Regione siciliana è stato di ben 247 milioni, una cifra importante a carico del bilancio della stessa Regione, cioè di tutti i siciliani.
Quanto precede è conseguenza dell’incapacità di organizzare il servizio sanitario in modo efficiente, la cui causa è proprio la mancanza di professionalità di chi ha la responsabilità di far funzionare meglio i servizi e di tenere in ordine i settori. Tenere in ordine non è causale, bensì frutto di competenze, che si acquisiscono studiando e partecipando a corsi adeguati.
Nella nostra Isola impera il disordine, nel quale trova spazio la criminalità economica, supportata dalla criminalità istituzionale; tutta gente che andrebbe additata e cacciata, non elogiata.
Non è pensabile che lo stato dei fatti elencato possa mutare da un giorno all’altro, perché scardinare la casta dei privilegi e degli interessi accumulati in questi anni è molto difficile. Ma non impossibile.

