In gommone su tre oceani, al via la traversata di Sergio Davì - Video - QdS

In gommone su tre oceani, al via la traversata di Sergio Davì – Video

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In gommone su tre oceani, al via la traversata di Sergio Davì – Video

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lunedì 08 Novembre 2021

Unica compagnia i bip di sofisticate strumentazioni sulla consolle di guida. E quella, piuttosto inquietante, di alcune tonnellate di carburante da trasportare e consumare con parsimonia

Da Palermo a Los Angeles. Una
distanza di 10mila miglia, tra Mediterraneo, Oceano Atlantico e un pezzetto, si
fa per dire, di Pacifico da coprire a bordo di un gommone, in solitaria. Unica
compagnia i bip di sofisticate strumentazioni sulla consolle di guida. E quella, piuttosto inquietante, di alcune tonnellate di
carburante da trasportare e consumare con parsimonia.

A sentirla illustrare dalla sua
viva voce, la traversata prossima ventura di Sergio Davì dà quasi la
semplicistica idea di far zigzagare con la fantasia una pedina sopra una carta
geografica dell’emisfero occidentale stesa sul tavolo. Invece è la sua nuova
prova estrema a cavallo delle onde, a poco più di 20 nodi di crociera. La
affronterà su un battello pneumatico lungo più di 11 metri e largo 3 e mezzo,
con grandi tubolari e chiglia in vetroresina sagomata in modo da ridurre al
massimo il rollìo e facilitare la planata. A spingerlo saranno due fuoribordo
Suzuki a 4 tempi con doppia elica da 300 cavalli ciascuno: in pratica la
versione marina di un 4×4 che, a tutta manetta, sarebbe comunque in grado di navigare
tranquillamente al doppio della velocità indicata, ma che, gestito
necessariamente a regimi più bassi, servirà a avanzare sul pelo dell’acqua
vincendo venti e correnti entro margini di relativa sicurezza.

Per il
cinquantacinquenne ‘gommonauta’ palermitano sarà la missione più lunga rispetto
a quelle già portate a termine nel corso degli ultimi 11 anni. E andrà a
annoverarsi tra le più impegnative in termini di stress psico-fisico e di tenuta
dell’imbarcazione. Per questo nuovo cimento, Davì mollerà gli ormeggi nella
mattinata del 21 novembre dalla marina dell’Arenella, a 3 chilometri dal porto
di Palermo: il suo Aretusa, così si chiama il gommone messogli a disposizione
dall’azienda nautica milanese Nuova Jolly, punterà la prua in direzione della
Isole Baleari. Sarà la prima delle circa 20 tappe complessive dell’Ocean to
Ocean, come è stato battezzato questo viaggio a motore che, come sottolinea lo
stesso comandante, “combinerà voglia di record, passione per l’avventura della
navigazione in mare aperto e finalità di ricerca ambientale”.

Da Palma di Maiorca sarà la
volta di Gibilterra, poi, dalla città-stato delle Colonne d’Ercole giù verso le
Isole Canarie e da lì a Capo Verde, dove ad attendere Davì ci sarà la rotta più
ardua, quella fino alla Guyana Francese: 1.800 miglia in una sola tappa
atlantica, almeno 5 giorni nel nulla più blu. Ma sarà solo quella che segnerà
appena la metà della missione. “Dovrò poi infatti risalire di latitudine verso
Trinidad & Tobago, navigare davanti al Venezuela per sbarcare sulla costa
caraibica della Colombia, a Cartagena de Indias. E’ da quella città che raggiungerò
Panama per il passaggio del Canale”, illustra.

Dopo le probabili lungaggini
burocratiche per l’autorizzazione al transito nei 77 chilometri dell’istmo (che
dovrebbero comunque essere rese più veloci grazie a un accordo con l’ambasciata
italiana a Panama), l’ingresso nell’Oceano Pacifico con una serie di stop over.
Stando all’itinerario programmato, questi includeranno il Guatemala e la costa
messicana (7 tappe), prima dell’agognato avvicinamento a quella meridionale
della California, con la penultima sosta a San Diego e la volata finale verso
il porto della ‘città degli angeli’.

Facile solo a immaginarselo il
combinato di attenzione, rischi da affrontare, paura, sempre molta, da ascoltare
e controllare. Almeno 20 giorni effettivi di navigazione che comporteranno alti
livelli di adrenalina e richiederanno un adattamento continuo, “perché – dice
Davì –  in mare accadono cose spesso
diversissime rispetto alle tante a cui ti sei preparato”.

Oltre ai record di navigazione
in gommone, le imprese di Sergo Davì hanno anche finalità scientifiche. “Sarò
impegnato nel campionamento sia di micro e nano plastiche che di metalli
pesanti per conto dell’istituto zooprofilattico dell’Università di Palermo
nonché nell’avvistamento e censimento di cetacei e tartarughe marine,
rispettivamente per l’istituto zooprofilattico di Liguria e Piemonte e del
Cretam, il centro di recupero delle caretta
caretta
, operativo a Palermo”.

Su questo genere di
imbarcazioni plananti, Davì ha un’esperienza di navigazione quasi quarantennale:
“ho posseduto il primo piccolo gommone a 17 anni, quando praticavo la pesca
subacquea con assiduità. Da allora non ho mai cessato di seguire l’evoluzione
tecnologica di questo genere di battelli, antitetici rispetto alla lentezza e
alle atmosfere della navigazione a vela, che anche con soli 3 nodi di vento
consente di avanzare e arrivare a destinazione, mentre subire un guasto
meccanico su un gommone significa fermarsi in mare con l’alternativa di
ripararlo o attendere soccorsi, ipotesi molto complicata a centinaia se non
migliaia di miglia dalla terraferma. Però l’emozione dell’andare per mare non
cambia”.

Ho cominciato queste navigazioni nel 2010, con la Palermo-Amsterdam, fatta in inverno, poi la Palermo- Capo Nord su un gommone di 8 metri, uguale ai tantissimi che si vedono ormeggiati in estate. Poi c’è stato il primo tentativo del Palermo-Brasile, fallito davanti a Lanzarote a causa di un incendio a bordo che riuscii comunque a spegnere”. Una disavventura assai istruttiva, come tutte quelle che capitano in mare. Davì riesce infatti a raggiungere Recife nel 2017, dopo aver percorso 1.300 miglia da Capo Verde all’isola di Fernando de Noronha, distanza fino a quel momento mai coperta con un gommone.  E ancora il Palermo- New York nel 2019, facendo la rotta del nord, passando cioè dall’Islanda, le isole Faer Oer, la Groenlandia e il mare di Labrador, uno degli specchi d’acqua più infernali del mondo per via del mare mosso e della nebbia fitta anche con il vento”.

Tante le criticità da
affrontare anche in questa nuova impresa: “anche se il periodo è quello più
favortevole per navigare sull’Atlantico, le repentine variazioni meteo sono
messe nel conto, così come il rischio di urtare, non solo di notte, oggetti di
ogni genere in navigazione: non sono infatti pochi quelli invisibili anche
durante le ore diurne che per via del loro peso specifico galleggiano pochi
centimetri sotto il pelo dell’acqua. E poi l’attenzione massima che comportano
le operazioni di travaso del carburante, tanto più delicate quanto più il mare
è mosso. “Ricordo proprio l’esperienza del mare di Labrador: mi ero legato con
cime molto corte alla struttura del gommone per scongiurare ogni rischio di
caduta in quelle acque su cui galleggiano centinaia di iceberg e perciò evitate
dalle navi: le esalazioni della benzina stoccata nei serbatoi flosci mi fecero
sentire male per almeno 20 ore”. E poi la stanchezza, la gestione dei viveri e
quella del sonno notturno, a brevi intervalli, fuori dalla piccola cabina del
gommone, dentro un sacco a pelo, mentre la navigazione è affidata al pilota
automatico.

“Nelle scorse imprese – precisa
Davì – ho navigato con motorizzazioni da 350 cavalli, stavolta con 300 perché
si adattano molto meglio alle benzine con un più basso numero di ottani che
vengono distribuite soprattutto nei porti caraibici”. Per la tappa più lunga da
Capo Verde alla Guyana ai mille litri del serbatoio principale e agli altri più
piccoli in dotazione, ne verranno aggiunti di ulteriori fino a raggiungere le 5
tonnellate e mezzo di carburante trasportato e, via via, da travasare. 

La previsione è di percorrere tra le 400 e le 500 miglia nell’arco delle 24 ore. L’impresa di Sergio Davì si potrà seguire in diretta scaricando la app Sergio Davì Adventures.

Antonio Schembri

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