Roma, 11 giu. (askanews) – In ripresa le riserve ittiche marine mondiali grazie a una gestione rigorosa e basata su evidenze scientifiche, ma molte altre rimangono sotto pressione. E se il l’87% degli stock di tonno e specie affini, grazie a rigorosi controlli, è valutato come sostenibile, ci sono pesci di acque profonde ancora vulnerabili. Ad oggi il 64,5% di tutti gli stock ittici è sfruttato entro livelli biologicamente sostenibili, con il 35,5% degli stock classificati come sovrasfruttati. Se ponderato in base ai livelli di produzione, il 77,2% degli sbarchi ittici a livello globale proviene da stock biologicamente sostenibili.
E’ quanto emerge da un rapporto presentato oggi alla Conferenza Onu sugli Oceani dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (Fao). E’ evidente che nelle aree di pesca marittima gestite in modo efficace, i tassi di sostenibilità superano di molto la media globale. Nel Pacifico nord-orientale, ad esempio, il 92,7% degli stock è sfruttato in modo sostenibile. Insomma: dove la gestione funziona, gli stock ittici prosperano. Negli ultimi anni la pesca eccessiva è aumentata in media dell’1% all’anno, ma il divario tra aree ben gestite e aree con scarse prestazioni resta evidente.
Il Mediterraneo e il Mar Nero (Area 37) mostrano i primi segnali di ripresa. Sebbene solo il 35,1% degli stock sia pescato in modo sostenibile, la pressione di pesca è diminuita del 30% e la biomassa è aumentata del 15% dal 2013. Questo dimostra, spiega a Fao, che la cooperazione regionale e gli sforzi nazionali stanno iniziando a fare la differenza.
Nel Pacifico nord-orientale (Area 67) e nel Pacifico sud-occidentale (Area 81), gli investimenti a lungo termine e i solidi quadri di gestione stanno dando i loro frutti visto che i tassi di sostenibilità di tutti i singoli stock raggiungono rispettivamente il 92,7% e l’85%.
In Antartide (Aree 48, 58 e 88), il 100% degli stock valutati viene pescato in modo sostenibile. È la prima volta che questa regione viene inclusa in questo rapporto e, sebbene di piccole dimensioni, queste attività di pesca dimostrano cosa sia possibile fare con una gestione basata sugli ecosistemi e la cooperazione internazionale.
Nel Pacifico sudorientale (Area 87) invece solo il 46% degli stock è pescato in modo sostenibile, mentre nell’Atlantico centro-orientale (Area 34) la percentuale si attesta al 47,4%. “Queste regioni – spiega la Fao – includono paesi in cui la pesca è fondamentale per la sicurezza alimentare e la nutrizione, l’occupazione e la riduzione della povertà, in particolare attraverso attività artigianali e su piccola scala. Tuttavia, con una capacità istituzionale limitata, una governance frammentata e notevoli lacune nei dati, queste aree si trovano ad affrontare compromessi più drastici e vincoli più stringenti”.
“Una gestione efficace rimane lo strumento più potente per la conservazione delle risorse ittiche – ha spiegato QU Dongyu, direttore generale della Fao – Questo rapporto fornisce ai governi le prove necessarie per definire le politiche e coordinarle in modo coerente”.

