Errore commesso dalla politica a partire dagli anni ‘60: produce PIL e diffonde benessere ma non è la soluzione. Guardare al futuro puntando sui settori in cui il sistema presenta asset importanti
La prima rottura col passato, anche recente, è di iniziare ad occuparsi della questione siciliana anziché della questione meridionale.
Infatti, non risponde a verità che i 25 punti di Pil di maggiore crescita delle regioni del nord Italia rispetto a quelle del Mezzogiorno sia stato uguale per tutte le regioni.
A conferma riportiamo la ripartizione del Pil Nazionale di 1.725 miliardi, pro-capite, per le regioni d’Italia dell’anno 2022.
È vero, invece, che la Sicilia con 17.400 € è penultima rispetto alla Calabria con 17.100 €.
Rispetto alla Sicilia le seguenti regioni del Mezzogiorno hanno registrato maggiori aumenti percentuali di Pil pro-capite:
– Sardegna +22,41%
– Basilicata +20,11%
– Puglia +9,1%
– Campania +4,5%.
Senza nulla togliere ai grandi meridionalisti del passato Giustino Fortunato, Salvemini e tanti altri, stante i risultati negativi di mancata crescita delle regioni del Mezzogiorno fra queste la Sicilia rispetto alle altre, diventa necessario rimettere tutto in discussione a partire, appunto, dalle analisi congiunte per tutte le regioni del Mezzogiorno.
Per queste ragioni, quindi, c’è la questione siciliana con la necessità di mettere in discussione sia l’analisi che le proposte.
La Sicilia in base ai dati del 2022 ha un Pil pro-capite pari al 41% del Trentino Alto Adige, 45% della Lombardia e così di seguito.
Gli errori commessi nel passato
I decisori e chi ha effettuato analisi e proposte a partire dagli anni ’60 hanno puntato sull’industrializzazione della Sicilia per la crescita economica e, quindi, sociale, divulgando assiomaticamente che lo sviluppo economico dipenda esclusivamente dallo sviluppo dell’industria manifatturiera.
Al contrario di quanto avviene nel mondo in cui alcuni Stati, diventati potenze economiche, hanno puntato su altre attività.
Altro errore è stato commesso dai politici che per potersi accreditare il consenso di tutti hanno, nei loro programmi elettorali, auspicato la crescita di tutte le attività economiche rinunciando al ruolo di fare le scelte per il bene comune.
Fare politica significa scegliere.
Dopo questo scenario del tutto negativo, sul piano economico del Mezzogiorno ed in particolare del sistema Sicilia, diventa conseguenziale porsi la domanda: qual è la proposta?
La proposta
Innanzitutto la rivoluzione culturale di cancellare l’assioma che lo sviluppo economico sia collegato esclusivamente all’industrializzazione.
Ciò è destituito da fondamento; è vero che l’industrializzazione produce Pil e diffonde benessere al territorio; però non è la sola soluzione; è sufficiente fare riferimento al Regno Unito, alla Svizzera, al Liechtenstein, all’Irlanda, per avere la conferma che, nelle diverse proporzioni, i quattro Stati hanno assunto un ruolo importante sul piano economico col loro modello che, certamente, non si basa sull’industrializzazione.
Trattasi in effetti di una rivoluzione culturale importante dal momento che per oltre 50 anni è stato sostenuto che lo sviluppo economico della Sicilia sarebbe dipeso dall’industrializzazione.
In questa prospettiva sono state emanate le leggi per agevolare lo sviluppo del Mezzogiorno (la legge 64/1986, la legge 488/1999, etc.) col risultato che i flussi di denaro profusi per lo sviluppo del Mezzogiorno, alla fine sono arrivati al nord dal momento che le industrie per la produzione degli impianti e macchinari erano ubicate, appunto, al nord.
Ė necessario, una volta, per tutte prendere atto che in Sicilia non vi sono le condizioni per l’industrializzazione ed è vano tentare di crearle, con le dovute eccezioni.
Il modello economico delle varie realtà della Sicilia
Va preso atto che il sistema economico delle varie aree della Sicilia si caratterizza per la pluralità di attività economiche anziché di una sola produzione.
Con riferimento al sistema Catania le frasi ad effetto “Catania la Milano del Sud” “Etna Valley” sono state elaborate da politici e, comunque, sono destituite da ogni fondamento.
La Sicilia in generale, ma in particolare il comprensorio di Catania, che sul piano della produzione di PIL in Sicilia è il più performante, si caratterizza per un’economia plurale con la chiara indicazione di alcuni settori su cui puntare per la concreta prospettiva di crescita.
Analizzare il sistema Catania sotto il profilo economico che registra la presenza di alcune industrie, nel campo dell’elettronica, della farmaceutica e della produzione di energia, con valenza internazionale e nazionale di assoluta rilevanza, il turismo in fase di sviluppo, la logistica ed i trasporti e le attività connesse che hanno fatto diventare Catania capitale in tale settore nell’ambito della Sicilia.
Tuttavia, nessuna delle citate iniziative ha caratterizzato il sistema economico di Catania né ha assicurato posti di lavoro e benessere sufficienti.
Il settore sui cui puntare per le notevoli potenzialità di sviluppo è il porto di Catania con la prospettiva di assumere il ruolo di hub del Mediterraneo.
La conclusione
In conclusione per lo sviluppo economico della Sicilia, seguendo un cronoprogramma bisogna:
– attuare la rivoluzione culturale che lo sviluppo economico non è sinonimo di industrializzazione;
– approfondire il sistema economico della Sicilia e di Catania;
– altra rivoluzione copernicana che deve fare la politica consiste nello scegliere fra le attività quelle di assistere per agevolare lo sviluppo.
La non scelta, se nell’immediato accresce il facile consenso, nel tempo riduce la rilevanza del ruolo della politica per lo sviluppo socio-economico.
Per agevolare e promuovere lo sviluppo socio-economico è necessario puntare nei settori in cui il sistema Sicilia e quello di Catania hanno dimostrato di possedere asset importanti.
Antonio Pogliese
Dottore Commercialista in Catania