Home » Sicilia » Incendi, l’allarme Legambiente: “Nel 2025 in Sicilia a fuoco il 53% del totale nazionale”

Incendi, l’allarme Legambiente: “Nel 2025 in Sicilia a fuoco il 53% del totale nazionale”

Incendi, l’allarme Legambiente: “Nel 2025 in Sicilia a fuoco il 53% del totale nazionale”

132mila campi da calcio, quasi il doppio degli ettari andati in fumo nel 2024 (50.525). Di questi, 49mila ettari solo in Sicilia

Dal primo gennaio al 15 ottobre scorso, in Italia sono andati in fumo ben 94.070 ettari di territorio. Per avere una proporzione, stiamo parlando di 132mila campi da calcio, quasi il doppio degli ettari andati in fumo nel 2024 (50.525). Di questi, 49mila ettari solo in Sicilia.

Sono i numeri tracciati all’interno dell’ultimo report di Legambiente nel rapporto tra il Paese e il numero elevatissimo di incendi che ogni anno devastano l’ambiente. Dati presentati mercoledì scorso a Roma nel corso dell’VIII Forum Foreste. Sicilia, Calabria e Campania le regioni da bollino rosso. In generale, tutto il Sud in ginocchio.

Allo scorso agosto (con rilevamento sempre da gennaio 2025), soltanto nell’Isola sono bruciati oltre 40mila ettari: circa il 43% del totale nazionale, come avevamo raccontato proprio sul QdS. In appena tre mesi, sono andati in fiamme altri 9 mila ettari, che fanno crescere la cifra al 53% di tutte le aree andate a fuoco in Italia. La stima è superiore a 600 incendi.

L’anno della natura bruciata

Il 2025 è stato un anno di fuoco per la Sicilia. Le immagini satellitari diffuse da Legambiente e dal sistema europeo EFFIS (European Forest Fire Information System) mostrano un’isola devastata dagli incendi. Addirittura 49.064 ettari di territorio ridotti in cenere, 606 incendi registrati tra gennaio e ottobre, una media di due roghi al giorno. È il peggior dato degli ultimi dieci anni, quasi il doppio rispetto al 2024, quando gli ettari bruciati erano stati 26 mila.

Un’estate rovente, la quinta più calda dal 1950 secondo Copernicus, con un’anomalia termica di +1,62°C e un vento di scirocco costante, ha trasformato boschi, pascoli e riserve in un inferno diffuso.
“È stato un anno da bollino rosso per le foreste italiane – spiega Legambiente – e il Sud si conferma l’area più colpita dalle fiamme. Sicilia e Calabria guidano questa triste classifica nazionale”.

La mappa del disastro: Agrigento, Caltanissetta e Trapani le province più colpite

I numeri regionali raccontano un’Isola che brucia a macchia di leopardo, ma con epicentri precisi. Il primato spetta alla provincia di Agrigento, dove le fiamme hanno divorato 17.481 ettari, il 35% dell’intera superficie siciliana bruciata. Seguono Caltanissetta con 11.592 ettari e Trapani con 7.148 ettari.

Tra le aree più devastate figurano la Riserva di Torre Salsa, nel territorio di Siculiana, un paradiso naturalistico tra dune e macchia mediterranea; la zona montana di Sutera, in provincia di Caltanissetta; i rilievi delle Madonie e dei Nebrodi, dove gli incendi hanno aggredito anche boschi secolari di faggio e quercia.

A Palermo, gli incendi di fine luglio hanno lambito il Parco della Favorita e causato l’evacuazione di interi quartieri collinari, distruggendo anche trenta abitazioni. Nell’Agrigentino, roghi simultanei hanno isolato per ore i comuni di Naro e Canicattì, con temperature superiori ai 45 gradi. Una prassi, quella degli incendi, che proprio in territori della stessa provincia come Licata si verifica sovente nelle notti d’estate.

La crisi climatica come moltiplicatore del rischio

Le condizioni meteo-climatiche sono il primo fattore di vulnerabilità. Il 2025 si è chiuso con una delle estati più torride mai registrate in Italia e con una siccità che ha prosciugato i terreni, rendendoli vere micce naturali. Secondo ARPA Sicilia, il 73% del territorio regionale è stato classificato in “stato di severo stress idrico” tra giugno e agosto, e le piogge autunnali hanno coperto solo il 60% della media storica.

A questo si aggiunge l’effetto combinato tra calore e vento, che accelera la propagazione del fuoco e rende inefficaci gli interventi di spegnimento. È il principio del cosiddetto fire weather: una combinazione di vento, siccità e calore che trasforma il paesaggio in combustibile.

L’incuria e i ritardi nella prevenzione

Ma il clima non basta a spiegare l’incubo. La Sicilia paga soprattutto i ritardi strutturali nella gestione del territorio. Appena il 14% delle foreste siciliane è oggi coperto da un Piano di gestione forestale; meno del 5% è certificato secondo gli standard di sostenibilità ambientale riconosciuti a livello europeo.

Il rapporto Legambiente 2025 denuncia “una gestione del rischio incendi ancora largamente emergenziale, frammentata e inefficiente”. I Piani Antincendio comunali non risultano sempre aggiornati, i viali tagliafuoco non vengono ripristinati, e la manutenzione delle aree boschive è ridotta al minimo.

Il risultato è una miscela esplosiva: vegetazione incolta, discariche abusive, sterpaglie e abbandono rurale. Secondo la Protezione Civile Regionale, il 50% dei roghi in Sicilia ha origine dolosa o colposa, alimentata da “interessi criminali legati al pascolo e alla speculazione sui rimboschimenti”.

Il costo economico e ambientale: un danno da miliardi

Legambiente calcola che i danni economici diretti e indiretti degli incendi boschivi in Italia nel 2025 superino 2 miliardi di euro, di cui oltre 700 milioni solo in Sicilia. Una stima che include il costo di ripristino ambientale, le perdite agricole, i danni alle infrastrutture e le spese di emergenza.

Ma il danno più grave è quello della deforestazione. Secondo l’Istituto Superiore per la Protezione Ambientale (ISPRA), la sola Sicilia ha perso nel 2025 circa 2,8 milioni di tonnellate di CO₂ equivalenti, un valore pari alle emissioni annuali di 1,4 milioni di automobili. Il 60% dei boschi siciliani colpiti nel 2025 non potrà rigenerarsi naturalmente nei prossimi 15 anni.

A fronte degli ettari andati in fumo e delle perdite da parte delle aziende agricole, i ristori latitano. Basti pensare che quelli per gli incendi dell’estate 2023 saranno erogati soltanto entro fine anno da parte della Regione: a quasi 30 mesi di distanza. I roghi hanno interessato, due anni fa, le province di Messina, Catania, Palermo e Trapani. Appena 1 milione e 700 mila euro la cifra stanziata.

La Regione ha messo in campo questa somma a fronte delle 88 richieste di ristori ricevute. Tra queste, 71 hanno riguardato danni al patrimonio immobiliare e mobiliare. Sono invece state 15 le integrazioni rispetto al bando precedente; due quelle erogate per danni fisici subiti da persone. Una di queste riguarda un soggetto deceduto: in questo caso il contributo sarà di 100mila euro.

La ferita nei parchi naturali

Gli incendi del 2025 hanno colpito duramente anche le aree protette, dove si concentrano biodiversità e habitat unici. Nei Monti Nebrodi, le fiamme hanno interessato oltre 3.200 ettari di bosco misto, tra faggi e cerri, distruggendo nidi e aree di nidificazione di aquile reali e nibbi.
Nel Parco delle Madonie, 2.500 ettari di foresta sono stati devastati in poche ore, toccando aree di grande valore botanico come la faggeta di Piano Zucchi.

Il WWF Sicilia Nord-Occidentale parla di “disastro ecologico” e denuncia la “totale assenza di piani di evacuazione e di prevenzione territoriale”. Molte aree erano già state colpite nel 2021 e nel 2023 e non hanno avuto il tempo biologico di rigenerarsi. 

Il risultato è una desertificazione progressiva: perdita di copertura arborea, impoverimento del suolo, erosione e frane. Secondo il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), le aree siciliane percorse dal fuoco impiegano in media 25-30 anni per tornare a uno stato ecologico stabile.

Le radici del problema: governance debole e piani fermi

Solo il 18% delle foreste italiane è coperto da un piano di gestione vigente. In Sicilia, la media scende al 14%. Ciò significa che l’86% dei boschi siciliani è privo di una pianificazione strutturata di monitoraggio, prevenzione e ripristino. Mancano i Piani Forestali di Indirizzo Territoriale (PFIT) previsti dal Ministero dell’Ambiente e i piani di adattamento climatico locale, strumenti indispensabili per coordinare interventi di prevenzione, tagli selettivi e pulizia del sottobosco.

Nel frattempo, gli investimenti regionali per la forestazione sono scesi da 98 milioni di euro nel 2019 a 67 nel 2024, una riduzione del 32%. I fondi PNRR destinati alla riforestazione urbana e alla tutela delle aree protette – circa 65 milioni – risultano ancora in larga parte inutilizzati.