Per chi vive in provincia di Palermo, i nomi Gradara e Catalfano non sono soltanto nomi di monti ma richiamano alla memoria il fuoco. Le due alture sono tra quelle che negli ultimi anni sono più volte finite nelle mani dei piromani.
I roghi hanno causato ingenti danni, mandando in fumo ettari ed ettari di macchia mediterranea e causando danni anche alla flora. In questi casi, però, a rimanere compromessa non è soltanto la natura ma anche il territorio dal punto di vista idrogeologico e idraulico. Un monte senza flora diventa più suscettibile agli effetti del ruscellamento delle acque in occasioni di piogge violente, e ciò che ne consegue è il rischio di andare incontro a frane e smottamenti.
Anche per questo l’assessorato regionale all’Agricoltura, guidato da Salvatore Barbagallo, ha dato l’ok a un progetto sperimentale che sarà reso possibile approfittando di quanto previsto dalla norma che a livello nazionale descrive le azioni da intraprendere nelle aree percorse dal fuoco.
Il decreto di Barbagallo
Il provvedimento varato dal componente della giunta Schifani, insediatosi in quota Lega dopo che Luca Sammartino ha fatto un passo indietro in seguito ai risvolti dell’indagine giudiziaria che lo ha coinvolto la scorsa primavera, è arrivato ieri, ma segue una nota inviata dagli uffici distaccati che si occupano della provincia panormita.
“Vista la nota del 30 gennaio di richiesta del Servizio per il territorio di Palermo del dipartimento regionale dello Sviluppo rurale e territoriale dell’autorizzazione a realizzare interventi sperimentali in collaborazione col dipartimento Scienze Agrarie dell’Università di Palermo nei demani di Monte Gradara e Monte Catalfano, al fine di valutare l’applicabilità di nuovi sistemi di semina diretta di specie arbustive e arboree forestali”, si legge nel preambolo del decreto.
La collaborazione tra Regione e Università di Palermo interesserà le due alture che si trovano a ridosso dei comuni di Borgetto e Bagheria. In entrambi i casi, si tratta di luoghi che in più di un’occasione sono finiti al centro delle cronache per gli interventi di spegnimento effettuati sia dai mezzi aerei che dal personale coordinato dal Corpo forestale.
L’esempio del 2020
Nel 2020, per esempio, un rogo distrusse una porzione importante di monte. “Almeno un centinaio di ettari di bosco e macchia mediterranea sono andati distrutti su monte Gradara a Borgetto, uno dei polmoni verdi più importanti del comprensorio partinicese per estensione – si legge in una cronaca del tempo –. All’indomani del devastante rogo, che ha annerito a colpo d’occhio un’ampia fascia di questa sommità montuosa che sovrasta Partinico, Borgetto, Montelepre e la frazione monrealese di Pioppo, si contano i danni che sono più che altro ambientali”.
In un altro pezzo pubblicato da un’altra testata giornalistica si fa riferimento alle possibili conseguenze dell’incendio: “Gli esperti cominciano già a temere che a causa dell’incendio si possano verificare dei dissesti idrogeologici e si spera quindi nella clemenza del bel tempo, almeno per le prossime settimane – veniva scritto –. Ad incenerirsi bosco, sottobosco e macchia mediterranea: un’immensa distesa di verde bruciacchiata e che lascia alla natura l’ennesimo sfregio che si porterà dietro per anni, prima di tornare a rinascere”.
Nel recente passato, gli incendi sul monte Gradara hanno anche minacciato l’incolumità delle persone: nell’estate del 2023 i soccorritori misero in salvo una settantina di famiglie e una ventina di pazienti di una comunità psichiatrica.
Cosa prevede la legge
Gli interventi autorizzati dalla Regione puntano a valutare la possibilità di tentare l’efficacia di nuove metodiche di semina per favorire la crescita di arbusti. L’obiettivo è quello di ricreare uno scenario naturale che possa anche rappresentare una difesa per il territorio.
Per riuscirci l’assessorato all’Agricoltura ha fatto richiamo a quanto previsto dalla legge 353 del 2000, quella che ha introdotto divieti stringenti sulle aree percorse dal fuoco.
L’obiettivo del legislatore è stato quello di disincentivare la mano dei piromani, nei casi in cui gli stessi possano essere spinti ad agire da interessi riguardanti possibili speculazioni: dalla costruzione degli immobili – per cui è previsto che per un lungo periodo le aree incendiate non possano cambiare destinazione d’uso – a limitazioni riguardanti le attività di pascolo. Tra i divieti – in questo caso per una durata di cinque anni – è stato inserito anche quello di eseguire “attività di rimboschimento sostenute con risorse finanziarie pubbliche”. Anche in questo caso, nel mirino ci sono coloro stati che avrebbero potuto pensare di accaparrarsi fondi pubblici avendo prima cura di creare le condizioni per il loro stanziamento.
La stessa legge, tuttavia, fa un’eccezione ed è di ciò che ha deciso di avvalersi la Regione. Le attività di rimboschimento, infatti, sono vietate “salvo – si legge al comma 1 dell’articolo 10 – specifica autorizzazione concessa dalla direzione generale competente in materia del ministero dell’Ambiente, per le aree naturali protette statali, o dalla regione competente, negli altri casi, per documentate situazioni di dissesto idrogeologico e nelle situazioni in cui sia urgente un intervento per la tutela di particolari valori ambientali e paesaggistici”.

