Cronaca

Dietro l’ultimo incendio a Bellolampo: l’orario insolito, la paura della diossina e la crisi del sistema

“Abbiamo presentato una denuncia, ipotesi se ne possono fare diverse ma allo stato sarebbero solo illazioni”. Con il ricordo dell’incendio dello scorso anno ancora impresso nella memoria collettiva, il nuovo rogo divampato nella discarica palermitana di Bellolampo ha riproposto la domanda che da anni si accompagna a ogni evento legato al fuoco che colpisce la Sicilia: cui prodest? A chi giova?

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“Meglio attendere che siano gli investigatori a ricostruire cosa è successo”, dichiara al Quotidiano di Sicilia Giuseppe Todaro, il presidente di Rap, la partecipata del Comune di Palermo che gestisca il sito di abbancamento pubblico.

L’incendio a Bellolampo: l’orario insolito

La sensazione che all’origine dell’incendio a Bellolampo possa esserci la mano dell’uomo, che la matrice ancora una volta sia dolosa è forte. A sostegno di questa ipotesi c’è l’elemento collegato al momento in cui le fiamme sono divampate: inizio sera. Dunque, quando le ore più calde della giornata erano ormai superate. Una situazione poco compatibile con la possibilità dell’autocombustione, scenario quest’ultimo che spesso rappresenta una possibilità remota. Nel caso delle discariche non è da escludere, considerati i processi chimici che si sviluppano nelle vasche in cui vengono depositati i rifiuti.

Quando è scattato l’allarme nella discarica c’era una sessantina di persone. “Era il momento di un cambio turno, in genere a operare sono squadre composte da una trentina di operai”, spiega il presidente di Rap. Ad accorgersi di cosa stava accadendo è stato il personale. “Il sistema di rilevamento automatizzato è un progetto a cui stiamo lavorando, ma al momento sono gli operai a monitorare la situazione. Comunque l’avvistamento è stato tempestivo ed è grazie a questo che, grazie al contributo fondamentale dei vigili del fuoco, che i danni siano stati contenuti”.

La paura diossina

Così come l’anno scorso, quando si è diffusa la notizia dell’incendio a Bellolampo, il pensiero di tutti è corso al rischio connesso alla possibilità che il rogo abbia diffuso nell’atmosfera sostanze pericolose per la salute, a partire dalle tanto temute diossine. La scorsa estate, la gestione della fase post-incendio non fu esente da polemiche, con gli attivisti dell’Osservatorio permanente sui disastri ambientali che denunciò presunte lacune nelle misurazioni della situazione ambientale nell’area intorno alla discarica. Sospetti che suscitarono la ferma reazioni delle istituzioni, dal Comune di Palermo all’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpa) che assicurarono la qualità del monitoraggio, confermando che, nonostante l’incendio fosse stato domato soltanto dopo diversi giorni, l’aria – di conseguenza anche le coltivazioni e i pascoli – non ne avevano subito conseguenze tali da far temere ripercussioni sulla salute umana.

“Sia noi che il personale Arpa sta eseguendo i controlli del caso, come previsto dai protocolli in situazioni di questo tipo, ma siamo fiduciosi – continua il presidente di Rap – che il peggio sia stato scongiurato. Stavolta l’incendio è stato domato in poche ore”.

La crisi del sistema

Il rogo è partito da un punto a ridosso dal cantiere che da anni è aperto per la realizzazione della settima vasca di abbancamento. L’opera è particolarmente attesa perché garantirà nuovi spazi nel sito che serve il territorio comunale di Palermo e diversi centri del comprensorio. Un fatto, questo, che inevitabilmente ha portato a chiedersi se dietro all’accaduto possano esserci gli interessi di chi potrebbe ricavare un danno dall’ampliamento degli spazi pubblici per la gestione dei rifiuti. Allo stato, però, finché le indagini non porteranno a qualcosa di concreto, si tratterà chiaramente di una suggestione.

Ciò su cui invece non ci sono dubbi è la precarietà della situazione dell’impiantistica in Sicilia. Con l’aggiornamento al piano regionale, che ha nei termovalorizzatori l’investimento più importante e al contempo più contrastato e che attende di essere valutato dalla commissione tecnica specialistica della Regione, lo status quo è immutato: pochi spazi nelle discariche e l’esigenza di mandare fuori dall’isola i rifiuti. Un sistema fragilissimo che vacilla già da sé. Figurarsi, poi, se qualcuno appicca gli incendi.