PALERMO – In Sicilia l’inclusione scolastica resta, purtroppo, più dichiarata che realizzata. A confermarlo sono i dati ufficiali dell’Istat relativi all’anno scolastico 2023-2024, che mostrano come le scuole dell’Isola risultino ancora in ritardo nella predisposizione del Piano annuale per l’inclusione (Pai), ovvero lo strumento fondamentale con cui ogni istituto scolastico dovrebbe programmare le attività a favore degli alunni con bisogni educativi speciali. In totale, il 26,9% degli istituti lo ha preparato solo per l’anno scolastico in corso, mentre il 46,7% lo ha predisposto anche per l’anno successivo; ancora, una percentuale rilevante, pari al 25,4%, o non risponde oppure dichiara di non aver predisposto alcun piano. Una quota elevata che, di fatto, rende difficile una valutazione pienamente attendibile dello stato dell’inclusione scolastica e segnala una preoccupante mancanza di trasparenza. Con questi numeri, la regione si trova al di sotto della media nazionale. Più in particolare, soltanto il 44,6% delle scuole superiori ha predisposto il Piano sia per l’anno scolastico in corso che per quello successivo. Il dato scende ulteriormente al 41,2% nella scuola dell’infanzia e si attesta al 52,1% nella primaria e al 54,2% nella secondaria di primo grado.
Inclusione, le scuole siciliane che programmano con continuità sotto il 50%
A livello complessivo, quindi, le scuole siciliane che programmano con continuità e in modo strutturato le azioni per l’inclusione si fermano sotto il 50%. Il quadro generale italiano evidenzia molte differenze regionali. E se al Nord i livelli di attuazione del Pai risultano mediamente più alti, anche alcune regioni del Mezzogiorno mostrano una maggiore reattività rispetto alla Sicilia. Un confronto che dovrebbe far riflettere, soprattutto se si considera che il Pai non è un optional, ma un obbligo previsto dalle Linee guida del ministero dell’Istruzione per garantire una scuola davvero inclusiva. In Umbria, ad esempio, nella scuola secondaria di secondo grado ben il 65,7% delle scuole ha elaborato il PAI per entrambi gli anni scolastici, 2023-2024 e 2024-2025. In Molise la percentuale è addirittura del 66,7%, mentre in Calabria raggiunge il 56,7%, e in Basilicata il 54,3%. Anche in Puglia, regione meridionale spesso accomunata alla Sicilia nei confronti territoriali, il dato è sensibilmente più alto: il 56,9% delle scuole superiori ha predisposto il piano con una prospettiva pluriennale. Al Nord spiccano, realtà dove il Pai è ormai uno strumento pienamente consolidato: in Lombardia, ad esempio, il 62% delle scuole primarie e il 60,5% delle secondarie di primo grado pianificano in modo integrato le attività di inclusione.
Inclusione scolastica, la Sicilia non è la sola ad arrancare
In Emilia-Romagna e in Veneto, i dati sono in linea, con più della metà degli istituti attivi sul fronte della programmazione inclusiva. Nel Mezzogiorno, la Sicilia non è la sola ad arrancare, ma altre regioni sembrano aver avviato percorsi più strutturati e consapevoli. La Sardegna, ad esempio, pur con alcune criticità, mostra segnali migliori: oltre il 47% delle scuole superiori predispone il Pai per entrambi gli anni, una percentuale superiore a quella siciliana. Anche la Campania, spesso penalizzata nelle classifiche sulla qualità dell’istruzione, registra un 42,7% di scuole superiori “virtuose”, pur se con una quota elevata di istituti che non rispondono. Il Piano annuale per l’inclusione è uno strumento introdotto nel 2013 e reso operativo con la direttiva ministeriale sui bisogni educativi speciali. Serve a raccogliere tutte le azioni che le scuole intendono mettere in campo per favorire la partecipazione e l’apprendimento di alunni e alunne con disabilità, disturbi specifici dell’apprendimento, svantaggio socio-economico, linguistico o culturale.
Il Pai dovrebbe essere frutto di un lavoro collegiale
Il Pai dovrebbe essere frutto di un lavoro collegiale, condiviso con famiglie, specialisti e istituzioni del territorio, ed essere aggiornato ogni anno. La predisposizione del Pai, quindi, non è solo un indicatore tecnico, ma un segnale concreto di attenzione ai diritti degli studenti e alle esigenze di una scuola equa. Dove non viene fatto, o dove si rinvia di anno in anno, il rischio è che l’inclusione resti un principio astratto, non calato nella pratica quotidiana.

