La situazione nell'Isola è ormai da bollino rosso come in Marocco e in Algeria
Da Trapani a Catania, passando per tutte le altre province che ci sono in mezzo, la Sicilia boccheggia. Il punto è che lo fa anche in pieno febbraio, per l’Isola mese tradizionalmente più freddo. Oggi ad esempio, a Palermo si sono registrate punte di 23/24 gradi, ed è sempre più frequente vedere camminare persone con abiti primaverili anzichè con piumini e fasciacolli. Una situazione anomala, che non va assolutamente bene se si pensa che, causa assenza protratta di precipitazioni “serie”, ovvero di piogge costanti anzichè scarse e intermittenti, a risentirne più degli altri, com’è noto, è il comparto agricolo messo lettaralmente in ginocchio. E poi lo spettro del razionamento dell’acqua, considerata la sempre crescente scarsità della stessa nei bacini sia naturali che artificiali. Tutte condizioni da stato di calamità naturale.
Come Algeria e Marocco
Di tutto ciò e altro ancora ne ha preso atto il governo Schifani che, nel corso della seduta di giunta, stamani, giorno 9 febbraio 2024, ha deciso di dichiarare lo stato di calamità naturale causa “siccità severa”. Accolta dunque la proposta dell’assessore all’Agricoltura Luca Sammartino. La Sicilia è da bollino rosso per carenza di risorse idriche, nè più ne menò di alcuni paesi magrebini quali Marocco e Algeria laddove questa sorta di calamità è praticamente endemica. Come detto, causa anomalia climatica persistente dallo scorso maggio, a risentirne è il settore dell’allevamento degli animali per la mancanza di foraggio verde e di scorte di fieno. Quali dunque dovranno e potranno essere gli interventi volti a pompare ossigeno all’asfittico settore dovrà deciderlo l’Unità di crisi che, assieme ai dirigenti dei dipartimenti Bilancio e Programmazione cercherà di individuare tutti quegli interventi atti a garantire sufficienti volumi d’acqua alle aziende agricole e zootecniche.
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Le criticità
Note oramai da tempo le criticità causate dalla mancanza di pioggia. Prodotti agricoli a basso prezzo rimasti costanti nonostante l’inflazione, aumento inevitabile dei costi di produzione ovvero di gasolio agricolo, di mangini e concimi oltre ai cavilli normativo burocratici della normativa europea. Quelli che riguardano l’agricoltura che, attraversata dagli obiettivi della neutralità climatica ha finito per sacrificare la sicurezza alimentare e il reddito degli agricoltori.