Medico e cugino del prestanome rimangono in cella mentre proseguono le indagini sui fiancheggiatori dell'ex superlatitante.
Restano in carcere Alfonso Tumbarello e Andrea Bonafede, rispettivamente medico di base e cugino omonimo del prestanome del boss Matteo Messina Denaro.
Il Tribunale del Riesame ha rigettato infatti le richieste di scarcerazione avanzate dai legali della difesa dei due indagati, accusati di essere parte della “rete” di fiancheggiatori che avrebbero permesso e coperto la latitanza di Matteo Messina Denaro, durata per ben 30 anni fino all’arresto dello scorso 16 gennaio.
Tumbarello e Bonafede restano in carcere, le accuse
Alfonso Tumbarello, medico di base del boss di Castelvetrano, è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e falso. Secondo le accuse a suo carico, avrebbe prescritto ad Andrea Bonafede (prestanome di Messina Denaro) farmaci ed esami clinici vari in realtà destinati al boss.
Gli inquirenti ritengono, in base alle risultanze investigative attualmente in loro possesso, che Tumbarello fosse a conoscenza della reale identità di colui che si presentava, anche con documenti d’identità falsificati, come “Andrea Bonafede”. Per Messina Denaro, il medico avrebbe prodotto 137 ricette e anche un ricovero e un’operazione a Mazara del Vallo nel 2020.
Andrea Bonafede, cugino del geometra di Campobello di Mazara ritenuto prestanome del boss, è invece accusato di favoreggiamento aggravato. Avrebbe infatti ritirato dal medico ricette destinate all’ex superlatitante. Non avrebbe agito per il cugino, ma direttamente e consapevolmente per il capo mafioso di Castelvetrano. Da qui l’accusa a suo carico e la decisione degli inquirenti di tenerlo in carcere. Nel frattempo, proseguono ancora le indagini per scoprire l’intera “rete” di fiancheggiatori e finanziatori che hanno favorito la latitanza di Messina Denaro.