E’ quanto denuncia la Coldiretti in occasione della diffusione dei dati Istat sull’inflazione a marzo
Aumenta del 18% il prezzo della pasta nell’ultimo anno mentre il grano duro per produrla viene pagato agli agricoltori il 30% in meno nello stesso periodo. E’ quanto denuncia la Coldiretti in occasione della diffusione dei dati Istat sull’inflazione a marzo che in controtendenza rispetto ad una decelerazione generale evidenzia una stabilità nella crescita tendenziale dei prezzi dei beni alimentari risulti stabile in media a +12,9%.
La pasta – sottolinea la Coldiretti – è ottenuta direttamente dalla lavorazione del grano con l’aggiunta della sola acqua è non trovano dunque alcuna giustificazione le divergenze registrate nelle quotazioni, con la forbice dei prezzi che si allarga e mette a rischio i bilanci dei consumatori e quelli degli agricoltori. Una distorsione che appare chiara anche dall’andamento dei prezzi medi al consumo che secondo l’osservatorio del ministero del Made in Italy variano per la pasta da 2,3 euro al chilo di Milano ai 2,2 euro al chilo di Roma, dai 1,85 di Napoli ai 1,49 euro al chilo di Palermo mentre le quotazioni del grano sono pressochè uniformi lungo tutta la Penisola a 38 centesimi di euro al chilo.
Una anomalia di mercato sulla quale – sostiene la Coldiretti – occorre indagare anche sulla base della nuova normativa sulle pratiche sleali a tutela delle 200mila imprese agricole che coltivano grano. I ricavi – sottolinea la Coldiretti – non coprono infatti i costi sostenuti dalle imprese agricole e mettono a rischio le semine ma anche la sovranità alimentare del Paese. Le superfici agricole coltivate a frumento duro, secondo le prime previsioni del Masaf per quest’anno, sono in flessione per un investimento di 1,22 milioni ettari con una riduzione di circa il 2% rispetto all’anno precedente. Le difficoltà del mercato dei cereali sono peraltro confermate dalla decisione di Polonia ed Ungheria di bloccare le importazioni di grano dall’Ucraina, contestata dalla Commissione Europea.