Inflazione, per i siciliani è una vera batosta - QdS

Inflazione, per i siciliani è una vera batosta

Inflazione, per i siciliani è una vera batosta

mercoledì 20 Luglio 2022

L’Unc: “La Sicilia resta al di sopra della media nazionale, a giugno registrato un 9,2%”. Per le famiglie i rincari annui superano i 1.700 euro. Palermo, Catania e Messina tra le città più costose

PALERMO – L’inflazione continua a tartassare le famiglie siciliane. Gli ultimi dati dell’Unc, l’Unione nazionale dei consumatori, mostrano per il mese di giugno come le principali città isolane, Palermo, Catania e Messina, siano tra quelle che, nella penisola, hanno subito i maggiori rincari.

Inflazione, Palermo la città siciliana più cara

La prima tra le siciliane è Palermo, al 14esimo posto della classifica delle città più costose d’Italia, con una inflazione del 9,7%, che corrisponde ad un rincaro annuo, per la famiglia media, di 1.926 euro. Subito a seguire troviamo Catania, al 9,6%, e un aumento di 1.906 euro; al 19esimo posto c’è Messina, con una inflazione del 9,2% e un rincaro di 1.755. Tutte e tre le città si trovano al di sopra della media nazionale, che si ferma all’8%, con un rincaro medio all’anno di 1.739 euro.

Bolzano in testa alla classifica nazionale

In testa alla classifica dei capoluoghi e delle città con più di 150 mila abitanti più care troviamo Bolzano, dove l’inflazione annua, pari a 9,7%, la più alta d’Italia a pari “merito” con Palermo, si traduce nella maggior spesa aggiuntiva annua equivalente, in media, a 2.578 euro. Al secondo posto Milano, dove il rialzo dei prezzi del 9% determina un incremento di spesa pari a 2.443 euro per una famiglia media.

Sul gradino più basso del podio Trento, dove il 9% in più genera una spesa supplementare pari a 2.355 euro annui per una famiglia tipo. Al quarto posto Brescia (+8,5%, +2.241 euro), poi Bologna (+8,9%, 2.220 euro), in sesta posizione Verona con 2.188 euro, al quarto posto quanto a inflazione (+9,4%), poi Ravenna (+8,8%, 2.127 euro), Padova (+8,6%, +2.002 euro) e Trieste (+8,6%, +1.996 euro). Al decimo posto, Modena, con un aumento dell’8,2%, pari a 1982 euro. La città più virtuosa è Campobasso, con un’inflazione del 6,5% e una spesa aggiuntiva per una famiglia tipo pari a “soli” 1190 euro. Segue Catanzaro (+7,1%, +1326 euro) e Ancona (+6,7%, +1332 euro).

Anche a livello regionale, la Sicilia rimane al di sopra della media nazionale. L’intera regione, infatti, registra una inflazione per il mese di giugno pari al 9,2%, con un rincaro annuo per la famiglia media pari a 1.719.

La regione che segna una inflazione maggiore è il Trentino Alto Adige, che sale fino al 9,3%, e 2.417 euro di aumento della spesa. Segue la Lombardia, dove la crescita dei prezzi dell’8,1% implica un’impennata del costo della vita pari a 2.105 euro, terza il Veneto, +8,5%, con un rincaro annuo di 1.946 euro. La regione in cui i costi si sono mantenuti un po’ più bassi, è il Molise, in cui l’inflazione si è fermata al 6,6%, pari ad una spesa aggiuntiva di 1.208 euro, seguita dalla Puglia (+8%, +1.295 euro) e dalle Marche (+7%, +1.365 euro). Petrolio, gas ed elettricità sono diventati più costosi in ogni parte del mondo, e hanno causato un aumento dei prezzi a catena in tutti i settori economici. Non ha aiutato in alcun modo, poi la guerra in Ucraina, che è arrivata dopo un periodo, quello della pandemia, già molto complicato.

All’inizio del 2022 Bankitalia aveva stimato un tasso di inflazione del 2,8% per il nostro Paese, e già questo aveva fatto molto discutere, perché si trattava di un dato raddoppiato rispetto alle stime precedenti. Ad oggi, i dati effettivi sono ben più alti. L’aumento generalizzato dei prezzi, secondo una ricerca di Altroconsumo effettuata lo scorso mese di aprile, ha già modificato radicalmente le abitudini degli italiani: su un campione di 1.047 consumatori di età compresa tra 25 e 79 anni, il 63 per cento degli italiani ha già cambiato abitudini nel fare la spesa. Un terzo, il 33 per cento, dichiara di acquistare maggiormente prodotti “primo prezzo”, alimenti a marchio del supermercato e in generale quelli super-scontati.

Ma quella che l’associazione consumatori definisce la “cosa più preoccupante”, è come un italiano su cinque “rinuncia all’acquisto di alimenti importanti come il pesce e la carne”. Un italiano su tre, infine dichiara di non riuscire a far fronte alle spese mediche.

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