L’informazione è tutelata dall’articolo 21 della Costituzione perché è lo strumento cardine affinché cittadine e cittadini comprendano come vanno le cose, quello che succede e, ragionevolmente, possano prevedere quello che succederà.
Ovviamente, per capire il presente l’informazione deve provenire dal passato, vale a dire dalla storia, dalla letteratura, dalla filosofia e da altre discipline fonti di sapere in tal senso.
La domanda che si pone è: chi diffonde l’informazione? Qualcuno risponderà subito: i giornalisti. Ed è vero, ma solo in parte. Infatti, l’Ordine italiano dei giornalisti è stato fondato solamente nel 1963, con la legge numero 69; prima tutti erano abilitati a fare informazione, sol che non vi era una tutela sulla sua qualità e soprattutto su verità, obiettività e imparzialità.
Ricordiamo, però, che al giorno d’oggi l’informazione non è necessariamente fatta da giornaliste e giornalisti: chiunque può farla, a condizione che utilizzi gli stessi principi etici prima elencati.
Giornalismo, etica e diffusione delle fake news
Tuttavia, oggi l’informazione si è diffusa in maniera vertiginosa attraverso i siti informatici e i media sociali, per cui circolano contenuti di ogni genere e tipo senza alcun controllo. Conseguenza: sono più le notizie false (fake news) che quelle vere. Nonostante i controlli, le prime continuano a circolare e non vengono cassate di brutto, come dovrebbe accadere.
Poi vi è l’informazione ufficiale, quella che va sui giornali (di carta e digitali), che circola nelle radio, che si vede nella televisioni e su altri mezzi di comunicazione. Tutte queste informazioni dovrebbero avere anch’esse i crismi di verità, imparzialità, obiettività e qualità. Però, nel mondo del giornalismo, si è diffusa l’abitudine, da qualche decennio, di amplificare la portata delle notizie in modo da fare clamore a prescindere dall’oggetto, creare stupore a prescindere dall’oggetto, creare allarmismo a prescindere dall’oggetto. E così aumentare l’audience.
Insomma, l’informazione cattiva si diffonde al chilo perché quello che conta è riempire pagine di carta e digitali e raccontare storielle più o meno vere in radio e tv, purché facciano effetto.
Informazione, responsabilità e democrazia
Chi legge su carta e su digitale, chi ascolta la radio, chi guarda la televisione, dovrebbe avere sufficiente preparazione e substrato culturale, in modo da capire quali siano le cose vere e quali quelle false, quale la verità e quali le fandonie propalate.
Dunque, l’informazione, che è lo strumento principale di una Democrazia – vale a dire dello stare insieme di persone – è un potente strumento di conoscenza, ma un altrettanto potente strumento di condizionamento se racconta menzogne o fandonie e nessun verità.
Nel campo dei giornali vi è uno strumento di controllo e di responsabilizzazione che è quello di direttrici e direttori responsabili delle testate registrate in tribunale, che costituiscono un paravento rispetto agli eccessi e agli abusi. Ma quando le testate non sono registrate e i siti continuano a diffondere fandonie, ecco che si crea il danno ai cittadini, i quali spesso non riescono a distinguere il vero dal falso. Ma poi votano, oppure no.
Astensionismo elettorale e dovere civico dei cittadini
Il forte calo del numero di cittadini che va a votare è un sintomo negativo per la Democrazia, perché significa che la maggioranza politica non si forma più in base alla maggioranza degli aventi diritto al voto, bensì in base a una minoranza, come abbiamo più volte scritto. Con la conseguenza che la Democrazia viene dimezzata o del tutto annullata, perché quando governa la maggioranza di una minoranza non si può più parlare di Democrazia.
Si dirà che chi non va a votare non ha alcuna sanzione penale, però ha una sanzione etica perché non ha mai letto, oppure ha dimenticato, l’articolo 48 della Costituzione: “Votare è considerato un dovere morale e civico”.
Non abbiamo letto su nessun quotidiano di carta o digitale, né abbiamo sentito alcun presentatore radio-televisivo citare tale articolo 48; neanche quando vi sono le dirette a chiusura dei turni elettorali. E questa è una grave lacuna, per il momento non colmata.

