Infrastrutture, Cancelleri "Ponte non più rinviabile per il Sud" - QdS

Infrastrutture, Cancelleri “Ponte non più rinviabile per il Sud”

Infrastrutture, Cancelleri “Ponte non più rinviabile per il Sud”

martedì 21 Dicembre 2021

Il sottosegretario su strade e ferrovie in Sicilia. E lancia la grande coalizione che “governerà per vent’anni”

Sottosegretario, partiamo subito dalla grande infrastruttura che rivoluzionerebbe l’economia dell’Isola: il Ponte sullo Stretto. C’è qualche novità sull’ipotesi di farlo?
“Parliamo di progetto per il Sud e non di ponte. C’è più di un’ipotesi per valutare l’attraversamento stabile dello Stretto, che è un argomento chiaramente non più rinviabile. Stiamo mettendo in piedi una strategia per il Sud, soprattutto per la Sicilia, molto importante. Nelle ultime settimane è successa una cosa che è passata sottotraccia, che però secondo me è rilevante: il passaggio sotto l’Autorità portuale di Palermo del porto-isola di Gela. Questo ci dà la dimensione di come il Governo strategicamente stia piazzando un porto del Mediterraneo: lì dovranno intervenire investimenti molto significativi sia per quanto riguarda l’infrastruttura portuale, che deve essere certamente allargata per andare a intercettare tutte le navi che arrivano da Suez, sia per l’infrastruttura ferroviaria di collegamento. A quel punto ci vuole anche il collegamento Sicilia-Calabria”.

C’è una riflessione in corso?
“C’è una riflessione molto seria. Il Ministero con la ministra De Micheli aveva avviato una Commissione di studio fatta da tecnici, che aveva dato tecnicamente un taglio più possibilista su alcune soluzioni e meno possibilista su altre, ma erano tutte aperte. Abbiamo contestualmente stanziato 50 milioni di euro per cominciare ad avviare il progetto di fattibilità tecnico-economica perché si devono valutare le ipotesi e deve essere dato mandato a Italferr. Al momento la questione è ferma in quel punto: il Governo deve decidere quando avviare questa progettazione di fattibilità tecnico-economica. Qualcuno dirà ‘avevamo già un progetto’. Mi permetto di dissentire perché non possiamo presentarci in Europa o agli italiani con un progetto vecchio di vent’anni, che registra molte perplessità anche nel mondo scientifico. Se lo facciamo diventare oggetto di tifoseria, secondo me, sbagliamo: noi lo dobbiamo affrontare in maniera autentica. Serve che lo si faccia, e poco m’interessa se lo si fa con un progetto piuttosto che con un altro. E se lo volessimo realizzare velocemente basterebbe una legge speciale. Per fortuna in questo momento c’è una riflessione a tutto tondo che coinvolge tutte le forze politiche: oggi non c’è più quella ritrosia di un tempo. Non si parla più di ‘vuoi fare il ponte’ ma si dice: ‘sei d’accordo all’alta velocità Milano-Palermo?’. In questa domanda è compreso tutto”.

Quando Draghi non parla è un fatto positivo: vuol dire che le possibilità di realizzare l’opera sono concrete.
“C’è un fatto secondo me considerevole ricompreso in questo ragionamento: finanziamo con i fondi complementari, quindi con uno scostamento di bilancio che si aggiunge al Pnrr, l’alta velocità ferroviaria Salerno-Reggio Calabria”.

Di che cifre parliamo?
“Stiamo finanziando 11,4 miliardi per i lotti uno, due e tre. Lei ricorderà che il Pnrr era partito con un investimento su quella linea di soli 2 miliardi. Quando poi, a un certo punto, Draghi ha visto che la situazione era fattibile e stava maturando anche una condizione sull’attraversamento stabile, ha avviato un’operazione molto più invasiva dal punto di vista delle casse dello Stato, creando uno scostamento di bilancio da 9,4 miliardi, riformulando i 2 miliardi che c’erano prima e mettendo a disposizione 11,4 miliardi per i primi tre lotti, che ti portano da Battipaglia fino a Cosenza”.

Però così, al momento, l’alta velocità arriverebbe fino a Cosenza. Perché non si riesce ad andare oltre?
“Perché a seconda di che cosa decidiamo di fare per attraversare lo Stretto di Messina il raggio di curvatura dalla
curva d’ingresso cambia. Nell’ottica dell’alta velocità, quindi dei raggi di curvatura progettuali, a seconda di dove siamo dobbiamo spostarci su un tracciato o su un altro. Quindi quella progettazione può avere delle idee di massima in termini di tracciato ma è condizionata dal tipo di attraversamento stabile che sceglieremo di realizzare”.

Ponte che condiziona anche la “sponda” siciliana. Quando verrà completata la Palermo-Catania-Messina, anche in quest’ultima città ci sarà un problema…
“I 2,3 miliardi che stiamo spendendo sono soltanto per il raddoppio ferroviario e per la galleria tra Giampilieri e Fiumetorto. Ci vorrà un intervento di raccordo che deve prevedere dei lavori nuovi”.

Auguriamoci che la legislatura arrivi alla naturale scadenza, perché diversamente si dovrà ricominciare da capo…
“Speriamo che questo Governo prima di arrivare a scadenza possa mettere un punto e finalmente definire quelli che sono i primi passi di questa avventura”.

Veniamo alle ferrovie. Pare che non ci siano le risorse per fare l’alta velocità, quindi si farà una media velocità…
“Faccio una considerazione e contestualmente una domanda: supponiamo che lei abiti nelle zone di Cammarata, Resultano, Villalba, Mussomeli. Ogni giorno da Mussomeli deve andare a Caltanissetta: sono 37 km e ci vuole un’ora e mezza per farli. Si deve comprare la macchina: si compra una Ferrari? La risposta sarebbe ‘no, perché tanto impiego lo stesso un’ora e mezza, quindi spendo un capitale di benzina per non avere un miglioramento nei tempi di percorrenza’. In questo caso chi si deve comprare la Ferrari non è il cittadino, ma Rfi. Dovremmo mettere l’alta velocità in un territorio in cui l’alta velocità è la pista che avevamo da bambini? Perché andare a spendere 15, 20, 30 miliardi per realizzarla quando poi non la posso mettere a frutto?”.

Il problema non è il mezzo, ma la strada.
“Esatto: io voglio arrivare a un dunque: la pretesa di avere l’alta velocità in Sicilia non può essere sganciata dalla pretesa di avere un collegamento stabile dello Stretto. Solo così arriva l’alta velocità. Quello che oggi potevamo avere è il raddoppio ferroviario e noi lo stiamo facendo: avremo una velocità di punta tra i 200 e i 220 km/h, consentendo un traffico di treni molto più consistente rispetto a quello che abbiamo adesso”.

Tra l’altro il vantaggio è che costa relativamente di meno, quindi è più probabile che si faccia.
“No, la stiamo già facendo: 9 miliardi li stiamo già spendendo. L’anno prossimo finiremo già il primo binario della Bicocca-Catenanuova, entro il 2024 finiremo anche il secondo binario. Il 2022 sarà l’anno dei cantieri tra Giampilieri e Fiume Tortora e sono due lotti, aggiudicati da Webuild. Stiamo lavorando per le autorizzazioni, per le conferenze dei servizi su tutti i lotti che vanno da Catenanuova fino ad arrivare a Enna, Caltanissetta e a Lercara Friddi. Poi c’è l’ultimo pezzo che è la galleria da 20 km che si realizzerà tra Lercara e Fiume Tortora. Questo è il collegamento che ci permetterà di andare da Palermo a Catania in due ore con il treno. Questa cosa è importante e oggi dico: vogliamo tutti l’alta velocità e io sono il primo a sostenere che ci dovrà essere. Il corridoio dovrà essere collegato e ho anche ben chiaro come dovrà avvenire senza che ci siano fronzoli: il corridoio dovrà essere uno e su quello dovremo lavorarci. Ma diventerà una cosa importante e seria solo insieme con l’attraversamento stabile dello Stretto. Oggi pensare che stiamo facendo un’operazione al ribasso non credo sia vero, perché il raddoppio ferroviario è una cosa comunque importante, che ci permetterà di avere tempi di percorrenza dignitosi. Siamo colpevolmente indietro nell’infrastruttura ferroviaria però gli investimenti che stiamo mettendo in atto oggi non ci sono mai stati: quasi 12 miliardi”.

Lei sostiene che ci vuole il Ponte per poter fare l’alta velocità. Ma perché allora avete bloccato il progetto già cantierato di Webuild? Può essere che questo Paese non riesca a fare un ponte di pochi chilometri?
“Il Ponte a unica campata progettato per l’attraversamento dello Stretto di Messina non esiste in nessuna parte del mondo. Premesso questo la domanda è legittima: il problema è che la risposta che arriva da chi ne sa è un po’ vaga e fumosa. è vero che il progetto ha avuto le validazioni ma sta di fatto che la politica all’epoca non è stata molto convinta di portarlo avanti perché c’è stata una parte della comunità scientifica che ha cominciato a mettere dei se e dei forse, tant’è che nell’approvazione di quel progetto ci fu la questione importante del vento: venne stimata la chiusura del ponte, sulla base dell’indice di ventosità della zona, per quindici giorni all’anno”.

Insomma, abbiamo buttato oltre 300 milioni di euro.
“All’epoca la tifoseria politica ha prodotto un danno. Con quello che stiamo facendo oggi, ovvero analizzare più opzioni, stiamo mettendo in piedi un ragionamento diverso: armonizzare il territorio inserendo nelle zone interessate opere di arricchimento ma soprattutto un’infrastruttura che sia sempre funzionante. Chi dice che un progetto lo avevamo… ha paura che si stiano creando delle lungaggini per non farlo. Noi abbiamo dimostrato che le cose si possono fare velocemente”.

Prima della fine della legislatura ce la farà a presentare il progetto del collegamento stabile?
“Non lo so perché non dipende solo da me. Se fosse per me ve lo avrei portato qui! Il Governo dovrà dare incarico a Italferr di avviare il progetto di fattibilità tecnico-economica: se avverrà questo passaggio secondo me avremo avviato il processo”.

Del resto il Ponte non costa moltissimo: dovrebbe costare 8,9 miliardi di cui metà a carico dello Stato. È giusta questa stima?
“Allora, il costo è certamente tra gli 8 e i 9 miliardi, che per un’opera del genere è tutto sommato giusto. Non stiamo parlando di una sproporzione, in considerazione del fatto che veramente potremmo diventare più forti come paese, perché non è che serva collegare Messina con Reggio Calabria, serve anche per dire a Rotterdam e ad Amburgo che possono chiudere i porti, perché abbiamo fatto Gela, perché con quel collegamento entriamo e siamo sul mercato nord europeo attraverso l’alta velocità ferroviaria e siamo sul mercato nord africano. Bastano dieci anni, il tempo per realizzare un attraversamento stabile e si tratterebbe della più grande operazione di ingegneria della storia e simbolo della ripartenza di tutto il Mezzogiorno”.

Che darebbe coraggio ad altri investimenti…
“La Sicilia vivrebbe una stagione d’oro. Se prendiamo la Lombardia come regione più ricca d’Italia, la Sicilia con questa infrastruttura diventerebbe la nuova Lombardia italiana”.

“Con il Salva Opere soccorse 500 aziende”

A che punto sono i lavori per la linea ferroviaria Palermo-Agrigento?
“La stiamo definendo. Abbiamo vissuto una stagione terribile con la Cmc che stava fallendo e si stava tirando dietro tantissime aziende. Abbiamo avuto l’intuizione di fare il Fondo Salva Opere e abbiamo salvato oltre 500 aziende siciliane. Per esempio, c’è un ristorante a Caltanissetta, di fronte al campo base della Cmc che vanta un credito nei confronti della stessa di centinaia di migliaia di euro! Noi, grazie al fondo Salva Opere abbiamo risarcito il 70%”.

Chi lo ha istituito?
“Abbiamo iniziato a costituirlo dal punto di vista normativo con il primo governo Conte e si è formalizzato con il Conte 2. È stata un’operazione titanica, che non si era mai vista nella storia: lo Stato va in tribunale, si sostituisce all’azienda creditrice nel concordato fallimentare, quindi all’azienda che vantava il credito dice ‘compro il tuo credito e ti do il 70%’. Nei concordati fallimentari solitamente si prende il 10, il 15%, se ti danno i soldi, perché certe volte ti danno le azioni, di cui non te ne fai nulla”.

Quante aziende sono state già liquidate?
“Nel primo elenco di imprese erano 522, in questo momento stanno continuando a pagare gli ultimi che sono arrivati. Stiamo contestualmente pagando la prima rata del secondo elenco di imprese, che sono circa 180 e c’è un terzo elenco di imprese che dobbiamo cominciare a fare. In questa legge di bilancio metteremo 20 milioni per il 2022 e altri 20 per il 2023”.

“Entro il 2026 dobbiamo arrivare fino a Paternò”

Veniamo alla metropolitana di Catania. State monitorando l’avanzamento dei lavori nelle due direzioni, verso l’aeroporto e verso Adrano?
“La stazione Fontana è a buon punto. Sta venendo fuori una delle fermate più belle d’Italia, enorme, con spazi incredibili”.

Quando aprirà?
“Abbiamo necessità nel 2022 di far partire l’altro cantiere, che da Monte Po deve andare a Misterbianco. A quel punto faremo partire l’altro cantiere, finanziato nel Pnrr, relativo alla tratta tra Misterbianco e Paternò, dove dobbiamo arrivare entro il 2026”.

E la tratta verso l’aeroporto?
“All’aeroporto non abbiamo il vincolo del Pnrr, ma da quel lato vi ricorderete che c’è stato il crollo della palazzina di via Castromarino. Romano Poletti, ad di Cmc, ha fatto la cosa più ovvia del mondo: si è comprato il rudere, ha liquidato i vecchi proprietari e adesso lo demolirà, farà ripartire la talpa e nel tempo costruirà un nuovo palazzo con le stesse cubature. A quel punto Cmc potrà decidere se usarlo come uffici oppure se venderlo ad altri. Decideranno loro, però hanno sbloccato la questione: c’era la talpa ferma sotto Catania da anni. Quando nel 2026 saremo arrivati a Paternò, lì ci sarà il deposito dei nuovi treni della metropolitana. Ne sono stati acquistati 10, entro giugno arriveranno tutti quanti e il volto della metropolitana di Catania sarà completamente nuovo. Se tutto va bene per Sant’Agata metteremo in esercizio i primi. Nel 2026, quando arriveremo a Paternò, avremo lì il ricovero di questi mezzi. A quel punto l’asse ferroviario della circumetnea che in questo momento gira dentro Catania verrà dismesso, regalando a Catania un percorso ciclabile pedonale di grandissimo valore. Sarà una cosa meravigliosa”.

“Pd, M5s e area di centro governeranno per vent’anni”

Perché il M5s non si decide a nominare il responsabile regionale?
“Credo che tra la fine di questo mese e i primissimi giorni del prossimo ci sarà una riflessione da parte di Giuseppe Conte con nomine a ventaglio. L’ex premier vorrebbe individuare me in questo ruolo, ma mi sono permesso di dire a lui e ad alcuni colleghi dell’Assemblea regionale che il M5s ha bisogno di un volto nuovo. Viceversa rischia di cristallizzarsi troppo attorno alla mia figura e non voglio che questo avvenga. Io rimango a disposizione del Movimento ma ci sono tante persone meno conosciute di me che, però, certamente hanno la capacità di andare a ricoprire un ruolo di coordinamento regionale. è il momento che qualcun altro si faccia avanti”.

Perché non pensare a una donna?
“Sono d’accordo con questa ipotesi. Ma va precisato che la responsabilità e la guida della nostra Regione devono andare nelle mani di chi non ha problemi a guardare anche ad altre forze politiche per governare con stabilità. Secondo me, ci vogliono almeno 50 deputati nella prossima Assemblea regionale per avere un governo solido capace di portare a termine almeno dieci riforme”.

Difficile che 50 siano della stessa compagine…
Sì, probabilmente servirà una coalizione post-elettorale. Il Movimento può vincere le elezioni con il Pd e le aree centriste e di sinistra. Dopo le elezioni, se ci si rende conto che manca la necessaria solidità all’interno dell’Assemblea regionale, si dovrà guardare a nuovi equilibri. L’attuale governo nazionale ci ha insegnato che queste dinamiche sono possibili: non sto emulando modelli impropri. Importante che il tema di fondo resti quello di costruire una visione. Nuovi scenari emergeranno con l’elezione del Capo dello Stato: sono convinto che siamo alle porte di una grande coalizione che per i prossimi vent’anni governerà l’Italia: Partito Democratico, M5S e area di centro. Così come sono convinto che Salvini e Meloni stiano prendendo in giro Berlusconi. Lo sosterranno nelle prime tre votazioni: alla quarta, con l’abbassamento del quorum, non lo sosterranno più”.

Chi sarà il prossimo Presidente della Repubblica?
“Credo che in questo momento giocare al toto-nomi non faccia bene per la preparazione di questa fondamentale elezione per il Paese. Non è un gioco che mi appassiona molto, mi concentrerei di più nell’individuare un profilo di garanzia che possa essere condiviso da tutte le forze politiche presenti in Parlamento. Sicuramente Berlusconi si sta muovendo da candidato che crede veramente di poter essere eletto, ma appena si renderà conto che i suoi amici di coalizione lo stanno prendendo in giro, si paleseranno nuove dinamiche determinanti per iniziare a consolidare la grande coalizione che guiderà il Paese”.

“Ragusa-Catania, entro il 2022 inizieremo i lavori”

Tema autostrade: perché la Catania-Ragusa è ferma?
“Non è ferma. Avevamo una strada che doveva essere costruita da un privato e diventare a pagamento. Sarebbe stato uno tra i pedaggi più alti d’Italia. Nel giro di un anno e mezzo siamo riusciti a far approvare il progetto al Cipe e a renderla pubblica, quindi senza pedaggio. Il progetto esecutivo è pronto: la strada dai 754 milioni previsti è diventata di un miliardo. I 309 milioni di euro in più li abbiamo trovati in queste settimane riformulando i Fondi di sviluppo e coesione nazionali: li abbiamo tolti da infrastrutture su tutto il territorio nazionale che non erano immediatamente cantierabili. Il 30 dicembre 2021 mandiamo in gara i quattro lotti della Ragusa-Catania. La gara durerà sei mesi quindi nel secondo semestre del 2022 incominciamo i lavori. Entro il 2026 dobbiamo completarla: è un obiettivo fattibile”.

L’altra importante arteria per la Sicilia è la “Nord-Sud”, di cui sono stati completati i primi 20 km, quelli che vanno da Santo Stefano di Camastra fino a Nicosia. Che avanzamenti ci sono?
“Sulla nord-sud manca il lotto che da Nicosia arriva fino all’innesto con la A19. Quando siamo arrivati c’era un progetto faraonico di tantissimi anni fa: per fare una trentina di km ci sarebbe voluto più di un miliardo e mezzo. Una cifra spropositata che non ci avrebbero dato mai, perché i valori dell’analisi costi-benefici sarebbero stati tutti negativi. Insieme ai sindaci del territorio abbiamo previsto con Anas un’analisi di fattibilità e abbiamo individuato tre opzioni: un tracciato in corrispondenza della strada attuale, una strada nuova a scorrimento veloce e il progetto di prima. Con l’ausilio del prefetto di Enna ci siamo riuniti tutti attorno ad un tavolo e si è scelta la seconda ipotesi, cioè quella di una strada a scorrimento veloce che sia performante, a due corsie, con un abbattimento molto sensibile dei tempi di percorrenza e con annesse le circonvallazioni di Nicosia e di Leonforte. Entro il 2022 partiremo con il progetto definitivo. Nel giro di qualche anno la mettiamo in gara. Stiamo realizzando in questo momento i lotti tra Mistretta e Nicosia, dove ho trovato cose imbarazzanti: per il lotto B5 – De Santis, vicino a Nicosia, la gara risale al 2014 ma stanno entrando in cantiere solo oggi, perché per effetto di una serie di ricorsi e lungaggini ci si era arenati”.

C’è in sospeso anche l’autostrada Siracusa-Gela…
“In questo momento arriva fino a Pozzallo-Ispica. Il prossimo anno il Cas dovrebbe completare il lotto fino a Modica. C’è il progetto per arrivare fino a Scicli, ma non hanno i soldi in questo momento per realizzarlo. Sulla Gela-Castelvetrano ci sono, invece, delle ottime novità: abbiamo finanziato con 20 milioni di euro l’analisi costi-benefici di tutta la tratta, 178 km, per un valore di 6 miliardi. Se cominciamo a ‘smontare’ i pezzi e ne facciamo un po’ alla volta, secondo me è più facile realizzare le opere. L’anno prossimo cominciano i lavori della tangenziale di Gela, che non è nell’itinerario della Castelvetrano-Gela, però è un pezzo di raccordo. Ci siamo concentrati con i 20 milioni a fare progetti di fattibilità economica della tangenziale di Agrigento e della Castelvetrano-Sciacca: per realizzare la prima ci vogliono 1,6 miliardi, per la Castelvetrano-Sciacca 550 milioni”.

Che non sono attingibili al Pnrr.
“Esatto, però stiamo già lavorando ai progetti di fattibilità. Nel momento in cui saranno pronti – e io spero di averli nei primi mesi 2022 – riuniremo i sindaci del territorio per valutarequali siano le ipotesi di tracciato migliori. Stabilita la soluzione, partiremo appaltando il progetto definitivo”.

Il problema è sbloccare i cantieri.
“Li stiamo sbloccando ma siamo molto in ritardo. Sulla Palermo-Agrigento, per esempio, quando sono arrivato nel 2019 c’erano 14 semafori. In questo momento ce ne sono 2 e a gennaio ce ne sarà uno, il che significa che i lavori sono stati fatti e continuano a farsi. Facciamo una battaglia insieme, su una cosa fondamentale: mai più strade nuove sulla sede esistente. I problemi sia della Caltanissetta-Agrigento che della Palermo-Agrigento ci sono stati perché siamo andati a insistere sulla sede stradale esistente, provocando danni enormi all’economia”.

E la Catania-Palermo?
“Su questo mi permetto di dire una cosa: che Anas vada strigliata non c’è dubbio ma è anche vero che oggi è notevolmente migliorata rispetto a quella di quattro anni fa. Raffaele Celia, attuale direttore del compartimento siciliano, è tra le persone più interventiste. Sulla Catania-Palermo abbiamo preso 890 milioni e abbiamo deciso di rimetterla a nuovo. Da 40 anni non si faceva manutenzione. È chiaro che quando ciò che si sarebbe dovuto fare in 40 anni lo si fa in 4, i disagi si vedono. Ad ogni modo, c’è un pezzo tra Termini Imerese e Palermo praticamente pronto. Da Catania poco oltre Catenanuova ormai siamo a buon punto. Il tratto centrale è più difficile per una conformazione territoriale e per i molti viadotti e gallerie presenti. Quando avremo finito tutto, basterà una normale programmazione di manutenzione per continuare ad avere un’autostrada efficiente”.

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