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L’inno di Mameli non è di Mameli

L’inno di Mameli non è di Mameli
risorgimento italiano

L’imbroglio del Risorgimento

Un grande giornalista torinese, Lorenzo Del Boca, presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti dal 2001 al 2010, ha scritto due libri memorabili sul Risorgimento italiano, pieni di curiosità e soprattutto di rettifiche di quello che abbiamo studiato a scuola, di cui voglio farvi un piccolo sunto.
La prima curiosità riguarda il nostro inno nazionale, divenuto tale con legge del 1946, scritto nel 1847, si dice, da Goffredo Mameli, con musica di Michele Novaro.

Dove sta il falso? Il testo, in realtà, non è di Goffredo Mameli, bensì di un frate ligure, tale Atanasio Canata, il quale si lamentò del furto scrivendo queste parole: “Meditai robusto canto, ma venali menestrelli, rapian dall’arpa il vanto”.
L’altra curiosità è su Temistocle Solera, autore delle parole dell’opera il Nabucco di Giuseppe Verdi. Quest’ultimo fu accusato dai fascisti di antifascismo a causa di quest’opera, le cui parole erano appunto di Solera e non sue.
Per amore della verità abbiamo ritenuto nostro dovere portare queste note alla luce.

Poi c’è l’imbroglio della storia del Risorgimento italiano, culminata con la proclamazione del Regno d’Italia il 17 marzo 1861.
Perché la storia del Risorgimento non è vera, in tutto o in parte? Perché in effetti non l’hanno scritta gli storici dell’epoca, bensì un grande autore di romanzi storici quale fu Alexandre Dumas padre, il quale è conosciuto da tutte le generazioni per la trilogia costituita da I tre moschettieri, Vent’anni dopo e Il visconte di Bragelonne.

Come fu possibile che Dumas scrivesse gli eventi storici? Si narra che Cavour lo fece imbarcare su uno dei due battelli che partirono dalla Liguria, i quali fecero tappa a Talamone, in Toscana, per imbarcare armi e poi approdarono il 15 maggio 1860 a Marsala sotto il finto fuoco delle fregate britanniche, le quali spedivano appositamente le palle dei loro cannoni al di là dei due battelli poiché opportunamente informati dalla massoneria inglese, con cui Cavour lavorava d’accordo.
Secondo Del Boca le avventure eroiche descritte da Dumas (ufficiosamente) e riportate dai testi dell’epoca (ufficialmente) non furono poi tanto eroiche.
Ciò anche perché Giuseppe Garibaldi era un guerrafondaio, come dimostra la sua lunga carriera di partecipazione alle guerre dei continenti, anche oltre oceaniche, come Argentina, Brasile e Perù.
La domanda che sorge dallo scenario dianzi descritto è: perché ci è stata trasferita la storia del Risorgimento così come l’abbiamo studiata a scuola? Ovviamente per legittimare il Regno d’Italia, che in effetti era la prosecuzione del Regno di Sardegna della dinastia dei Savoia, che comprendeva anche il Piemonte.
Fra l’altro, il re Carlo Alberto di Savoia (mi dispiace avere gli stessi due nomi) passava per un re imbroglione, avvinazzato e donnaiolo. Così come Vittorio Emanuele terzo, il quale non era un campione di rettitudine e di coraggio. Per tutte, la sua fuga da Roma a Brindisi nel 1943, a seguito della resa agli eserciti alleati, inimicandosi così i nazisti.

Quando Garibaldi si ricongiunse al Re e al suo esercito a Teano, in provincia di Caserta, e gli “consegnò” tutto il territorio da lui “conquistato”, come prima azione il Re fece svuotare i forzieri del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia, trasferendo tutto l’oro nel Banco Piemontese, che era pieno di debiti e i cui titoli pubblici si erano fortemente deprezzati.

Anche nel caso del Risorgimento, tutte le azioni non furono mosse da nobili intenti, come ci hanno fatto credere per centosessantaquattro anni, bensì da scopi meno nobili, quali quelli che hanno riferimento, come sempre, al “Dio denaro”.
Gli storici non hanno del tutto reso la verità su quanto vi abbiamo brevemente scritto, verità che però comincia ad affiorare inesorabilmente e che sarà bene che sostituisca tutte le vicende che ci sono state raccontate improvvidamente fino a oggi.
Sarebbe opportuno che i giovani sapessero come sono andate effettivamente le cose dall’Unità d’Italia in avanti.