Home » Dipendenti non pagano più i pensionati

Dipendenti non pagano più i pensionati

Alla fine dello scorso anno con i contributi pagati dai dipendenti si ottenevano risorse ampiamente sufficienti per pagare le pensioni. Tuttavia, la Cassa integrazione ordinaria e straordinaria ha depauperato in parte la differenza tra contributi incassati e pensioni pagate. Tale depauperamento è aumentato altresì per effetto della scellerata Quota 100, che ha consentito a svariate decine di migliaia di cittadini ancora giovani (appena 62 anni) di andare in pensione cinque anni prima del termine ufficiale (67 anni).
Non basta. L’altra legge scellerata, denominata Reddito di cittadinanza, ha distribuito a pioggia a molti nullafacenti un assegno mensile che è arrivato anche ai 780 euro. Tale assegno mensile rientra in quell’ammontare che l’Inps paga ogni anno e che va sotto la voce di assistenza.
Dei circa 730/740 miliardi che lo Stato spende ogni anno (oltre 60/70 miliardi per gli interessi sul debito sovrano) circa 300 se ne vanno solo per pensioni e assistenza.

L’Inps non è una banca ma un istituto che incassa i contributi dei dipendenti e quelli dello Stato e dall’altra parte eroga assegni pensionistici e assistenziali. Quindi la sua è una funzione pura di cassiere. Quando le entrate diminuiscono si forma un buco di bilancio che lo Stato deve ripianare.
Ricordiamo questo perverso meccanismo quando il Governo Monti trasferì l’Inpdap (Ente di previdenza dei pubblici dipendenti ) all’Inps. Tale trasferimento si trascinò il debito del vecchio ente previdenziale che ammontava all’epoca intorno a 10 miliardi.
Questo modo di gestire i soldi pubblici è decisamente dannoso perché non tiene conto della necessità primaria, che è di spendere bene i soldi che tanto faticosamente i cittadini italiani corrispondono allo Stato mediante le imposte.
Chi dilapida i soldi pubblici non ha alcun rispetto per i cittadini i quali si allontanano sempre più dalle Istituzioni che non vedono come casa di vetro, dove tutto è trasparente, bensì come antri bui e polverosi dentro i quali i maneggioni fanno i propri esclusivi interessi. Questa è una situazione fotografata che crediamo nessuno possa smentire.
Così continuando, fra non molto, i contributi che l’Inps incassa ogni anno non saranno sufficienti per pagare le pensioni; come dire che i dipendenti non ce la faranno più a pagare i pensionati. Di questo si tratta. Il lavoro attivo serve per pagare coloro che sono a carico della collettività riscuotendo assegni pensionistici.
Ora, che le pensioni vengano considerate un’appendice della retribuzione attiva, è teoricamente ineccepibile. Passando dalla teoria alla pratica, invece, il principio è sovvertito perché tali assegni pensionistici non sono direttamente commisurati ai contributi versati nel periodo di lavoro attivo, bensì ricevono una parte supplementare, come fosse una donazione, a carico della fiscalità generale.
Per intenderci, ci riferiamo al calcolo delle pensioni col sistema retributivo, che fu abrogato dal governo Dini nel 1996, salvo per coloro che erano già in pensione, mentre successivamente l’assegno è stato calcolato col sistema misto contributivo/retributivo.

L’ex presidente dell’Inps Tito Boeri, prima di concludere il suo mandato, ha comunicato che se si ricalcolassero tutte le pensioni col metodo contributivo, l’Inps potrebbe risparmiare 40 miliardi l’anno, che ovviamente si rifletterebbero sul trasferimento dallo Stato.
Sentiamo subito l’obiezione: i diritti acquisiti non si possono toccare. Vero, ma non si possono toccare per il passato, non per il futuro, con la conseguenza che se ci fosse un governo forte ed equo, capace di tale riordino, ai pensionati privilegiati non verrebbe tolto nulla del passato, ma dovrebbero rinunziare al di più per il futuro.
Ovviamente quanto scriviamo non è realistico e quindi continueremo a pagare pensioni non collegate ai contributi versati.
C’è un’altra anomalia che vogliamo segnalare: il fenomeno tutto italiano delle pensioni multiple, secondo il quale gli stessi soggetti che hanno avuto un percorso lavorativo di 35/40 anni prendono più pensioni come se la loro vita si fosse sdoppiata o triplicata. Fate voi se questo è equo.